Home Servizi culturali Raccontami una storia 2018 2 su(l) 4 = 12 (Pietro Scarpa)

2 su(l) 4 = 12 (Pietro Scarpa)

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2 su(l) 4 = 12 (Pietro Scarpa)

06/11/2009, h 18:45

Drin, Drin, Drin,( squillo del telefono)
Mattia: «Pronto?»
Toti: «Ciao Mattia, ci sta faci?»
Mattia: «Ciao Toti, son chiuso a casa a studiare questo maledetto, difficile ed infinito esame di Scienze delle Costruzioni. Non ce la farò mai ad esser pronto per la prossima sessione».
Toti: «Mena Mattì, stai sempre a dice chi nu sai nienti, e poi sempre trenta prendi agli esami».
Mattia: «No Toti, Scienze delle Costruzioni non è un esame, è l’esame. Solo dopo averlo passato puoi avere qualche speranza di diventare architetto, ed io al momento lo vedo come un obiettivo lontanissimo».
Toti: «Comunque peggio per te che non c’eri stamattina al Valentino, sai chi è venuto a fare un intervento a lezione?»
Mattia: «No, chi?»
Toti: «Massimiliano Fuksas».
Mattia: «Stai scherzando?»
Toti: «Per niente. Si trovava in città per il progetto del grattacielo della Regione e il Prof. Polito è riuscito a portarlo in aula per una testimonianza. Nu pacciu saricatu Mattì, nu geniu».
Mattia: «Nu pacc cosa Toti? È vero che studiando assieme mi sto “salentinizzando” anche io, ma ho ancora parecchie lacune».
Toti: «Uno spettacolo: ci ha raccontato delle sue opere realizzate in Francia, in Austria, in Giappone, a New York. Di come nasce un progetto, della terribile burocrazia italiana, del titolo di Cavaliere dell’ordine nazionale della Legion d’Onore ricevuto a Parigi qualche mese fa. Ed è risaputo che i francesi prima di premiare un italiano ci pensano non una, ma cento volte!»
Mattia: «Che pìciu che sono, io ad impazzire con il calcolo delle reazioni vincolari mentre uno degli architetti più bravi e famosi al mondo teneva una lezione nella mia università. E del progetto del grattacielo della Regione che ha detto? Ci sono un sacco di polemiche, opposizioni, comitati del no, come per tutte le opere in Italia d’altronde. Chissà se lo vedremo mai terminato quel grattacielo».
Toti: «Fuksas ha ribadito che sarà ultimato nel giro di tre anni, e avrà la caratteristica di ospitare all’ultimo piano un bosco pensile accessibile al pubblico dal quale sarà possibile dominare ed ammirare tutta la città. Una città laboratorio, con un passato, una storia ed un’eleganza indiscutibile, ma aperta e proiettata al futuro e alle novità».
Mattia: «Bòn, a me questa città sembra sempre la stessa; grigia, chiusa».
Toti: «Una centrifuga di idee, la Berlino italiana. Oh l’ha detto lui Mattia, mica nu ciucciu».
Mattia: «Mah».
Toti: «Guarda, io ti stavo telefonando per andare a veder la partita allo stadio domani pomeriggio, ma parlando al telefono mi è venuta un’idea, così la smetti di fare calcoli su calcoli e ti togli un po’ stu cazzu d’apatia».
Mattia «Cioè?»
Toti: «Domattina passo a prenderti alle dieci e mezza a casa tua e facciamo un giro sul tram n. 4, da un capolinea all’altro. Scommetto che nu sai mancu lu percorso».
Mattia: «Beh no, io solitamente prendo il 16 per raggiungere il Valentino, il 13 per andare in centro e l’1 per arrivare al CUS in Via Panetti».
Toti: «Certu, e infatti non sai nu cazzu de lu postu ca stai!. Domani vieni con me così ti faccio conoscere qualcosa in più di questa città; e poi andiamo assieme allo stadio, tanto la partita inizia alle 15:00».
Mattia: «No Toti, per lo stadio ok ma al mattino contavo di iniziare a studiare la parte di strutture iperstatiche spaziali».
Toti: «E ddu cugghiuni Mattia; guarda che se vogliamo diventare architetti dobbiamo studiare ma anche e soprattutto guardare, riconoscere ed esaltare le specificità di un luogo. Altrimenti non serve a nulla ciò che stiamo facendo».
Mattia «Bon, e va bene, vada per il city-tour sul tram prima della partita. Ti aspetto da me per le dieci e mezza. Ora però torno a studiare».
Toti «Bravo, così va meglio. A domani.

07/11/2009, h 11:05

Partenza del tram n. 4, Falchera capolinea
Toti: «Siamo pronti?
Mattia: «Si. Io qui non c’ero mai passato, questi posti li vedo solo in lontananza quando imbocco l’autostrada o quando viaggio in treno».
Toti: «Lo immaginavo, io invece questo luogo lo conosco perché ci abita un mio zio emigrato dal Salento negli anni ’50 per venire a lavorare in Pirelli, e quando ho fatto il test di architettura due anni fa mi ha ospitato a casa sua per qualche giorno».
Mattia: «In effetti sembra di essere lontanissimi dalla città, pur essendo solo in periferia».
Toti: «La Falchera è uno di quegli esempi di edilizia popolare come tanti ce ne son stati nelle città italiane nel secolo scorso. Questo per esempio era un complesso agricolo del 1700 con una cascina, la Falchera appunto, che poi dal 1950 è diventato un quartiere autonomo di estrazione popolare, con la costruzione di quattro nuclei abitativi posizionati attorno ad un blocco centrale».
Mattia: «Non è che a vederlo sia proprio entusiasmante».
Toti: «Il problema è che in quegli anni si pensava a separare e dividere anziché includere, e l’edilizia popolare ne è una dimostrazione. Però ti assicuro che qui ci vive gente che si fa nu mazzu tantu per andare avanti, per crearsi un futuro e per dimostrare che i sacrifici pagano. Ora entriamo e obliteriamo il biglietto che il tram sta per partire».
Mattia: «Va bìn»
Il tram inizia il suo percorso
Toti: «Questa linea di trasporto urbano è la più lunga di tutta la città, la percorre da nord a sud per quasi 18 km. Un po’ come la distanza di Lecce dal mare».
Mattia: «Come dici tu? Salento, mare, vento…»
Toti: «Beddhru Salentu, lu sule, lu mare, lu jentu…»
Din Don: Stazione Stura, fermata Stazione Stura (l’altoparlante del tram enuncia le fermate)
Mattia: «Addirittura la fermata sotterranea».
Toti: «Eh già , qui c’è una stazione ferroviaria da dove parte l’alta velocità tra l’altro».
Mattia: «Una gran cosa. È che qui bisogna stare attenti a parlare di alta velocità, visti i tempi».
Toti: «Guarda, io da poco ho visto una manifestazione di No-Tav in centro, un corteo molto numeroso ma pacifico. E ho visto gente fiera e orgogliosa, disposta a tutto pur di difendere il luogo in cui vive. Il problema di noi italiani è il partito del no a prescindere, qualunque cosa si faccia o si proponga».
Mattia: «Non è che ci siamo scelti una professione facile, caro Toti».
Toti: «Ma noi siamo ambiziosi, caro Mattia, e ambizione e facilità non sono sinonimi, per fortuna».
Din Don: Scotellaro, fermata Corso Giulio Cesare Via Scotellaro
(salgono sul tram dei ragazzi non proprio raccomandabili)
Mattia: «(a bassa voce rivolgendosi a Toti) Oh madonna, e adesso? Speriamo bene».
Toti: «(rispondendo sempre a bassa voce) La città è anche questa, non è solo lo struscio in centro vestiti da cabinotti all’ora dell’aperitivo. Qua vicino c’è il Parco Stura, che si sviluppa sulle sponde del torrente Stura. Purtroppo è una zona molto degradata, conosciuta come Toxic Park, e ci siamo capiti».
Ma dimmi un po’, Di Michele stasera gioca?»
Mattia: «Spero di si, anche se io confido soprattutto in Rolando Bianchi. Comunque vinciamo noi, dobbiamo vincere noi se vogliamo tenere il passo della prima in classifica».
Toti: «Macché, vedi che stasera segna Corvia; vi facciamo neri, anzi, giallorossi!»
Din Don, Novara, fermata Corso Giulio Cesare Corso Novara
Mattia:.«È lungo però Corso Giulio Cesare, non me lo ricordavo così».
Toti: «Eh già, più di 5 km, e attraversa quattro quartieri. Qui siamo in Barriera di Milano. Lo sai tu perché ha questo nome?»
Mattia: «Perché a metà del 1800 l’ingresso in città era possibile grazie a dei varchi, detti barriere, che avevano lo scopo di garantire il controllo doganale sulle merci in entrata ed assicurare il pagamento del dazio. La più importante a nord era chiamata “di Milano” perché dava verso il capoluogo lombardo».
Toti: «Lo vedi che allora non sei così piciu!»
Mattia «E poi qui ci sono i Docks Dora, che stanno pian piano tornando come nei mitici anni ’90!»
Toti: «Quando diventerò architetto mi piacerebbe progettare la riconversione di una struttura come i Docks, trasformatisi da magazzini industriali quali erano fino agli anni ’60 a polo artistico culturale che ospita gallerie d’arte contemporanea, sale prove, locali notturni».
Mattia «E studi di architettura».
Toti: «Ecco Mattia, il nostro studio lo faremo qua ai Docks, vicino al Cafè Blue!»
Mattia: «Speruma»
Din Don, Borgo Dora, fermata Corso Giulio Cesare Borgo Dora
(un bel po’ di persone salgono e scendono dal tram)
Toti: «Ah vero che oggi è sabato e c’è il Balốn, ecco perché questa fermata è così affollata. La prima volta che ci venni rimasi sorpreso. Giù da noi non ci sono mercati delle pulci come questo. Al Balốn trovi veramente di tutto, anche quello che pensi non esista. Ed anche le cose più inutili acquistano non si sa come una funzione ed un valore. Ti ho mai raccontato la storia della mia bici?»
Mattia: «Mi sa di si, ma onestamente non me la ricordo».
Toti: «Quando il primo anno tornai dalle vacanze di Natale in treno, con la mitica Freccia del Sud, portai su la mia BMX per spostarmi meglio in città. Una sera andai a fare l’aperitivo al Caffè Rossini e la legai ad un palo sulla strada. Dopo un’ora la bici non c’era più, li muerti sua squagghiati! Un amico però mi disse: “stai tranquillo, sabato mattina presto vai al Balốn e la ritrovi”».
Mattia: «E tu?»
Toti: «Eh, io il sabato successivo sono andato al Balốn e l’ho ritrovata, anzi, l’ho ricomprata. 30 €, li muerti».
Mattia: «Ah ah e ti è andata anche bene. Toti sei un grande, e un po’ piciu anche tu!»
Din Don, Piazza della Repubblica, fermata Porta Palazzo Piazza della Repubblica
(Sul tram salgono e scendono uomini e donne di varie nazionalità ed etnie)
Toti: «Sai che proprio qualche giorno fa ho letto sul giornale un’intervista ad una suora, Suor Giuliana, che diceva: “Porta Palazzo la si ama o la si odia; impossibile rimanere indifferenti. È cosmopolita in pieno. Vorrei sedere in un angolo e, quando passa un cinese, farmi raccontare la sua storia. Poi fare domande a un congolese: chi erano tuo padre e tua madre? A volte mi chiedo cosa ci stiamo perdendo, quale tesoro di umanità abbiamo vicino senza rendercene conto”. Anche io la penso proprio così».
Mattia «Hai ragione, Porta Palazzo è uno di quei luoghi da vedere, senza per forza dare un giudizio, anzi sospendendolo. E poi è il mercato all’aperto più grande d’Europa, dove senti mescolarsi accenti e lingue diverse, colori, sapori e profumi diversi, vestiti ed occhi diversi. Perché alla fine è la diversità che ci rende curiosi, desiderosi di guardare, conoscere ed informarci».
Toti: «Lo vedi che allora ho fatto bene a farti fare il giro sul 4. E siamo solo a metà percorso».
Din Don: Arcivescovado, fermata Via Arcivescovado Via Arsenale
Mattia: «Su questa zona però sono preparato. Mia nonna abitava qui vicino, in Via Parini, dove c’è il famoso Liceo Classico D’Azeglio».
Toti: «Cmq io 20 euro c’ho per la partita, andiamo in curva va bene?»
Mattia: «Vuoi andare in Maratona, veramente?»
Toti: «No nell’altra curva, la partita me la voglio godere bene e tranquillo, perchè vinceremo noi!»
Mattia: «Ah ah, fai fiducia Toti, fai fiducia».
Din Don: Porta Nuova, fermata Via Sacchi Stazione Porta Nuova
(molta gente con borse, trolley e ventiquattrore sale e scende dal tram)
Toti: «A te Mattì cosa viene in mente quando pensi ad una stazione?»
Mattia: «Beh, ad un luogo di partenza e di arrivo, gente che va e che viene, che si ritrova, si saluta».
Toti: «Io di Porta Nuova ho l’immagine delle facce sorridenti e felici di studenti ed emigrati in attesa del treno (sempre la Freccia del Sud) per tornare a casa a Natale. E neanche i treni sporchi, freddi, stipati all’inverosimile possono scalfire la felicità di un terrone che torna a casa. Sono sentimenti che voi del nord non potete capire davvero».
Fortuna che questa città è sì a nord, ma molto molto a sud.
Din Don: Stati Uniti, fermata Via Sacchi Corso Stati Uniti
Toti: «Ed è assolutamente unica e strana: alla destra di Porta Nuova, cioè in Via Sacchi dove siamo noi ora, si entra nel regno della borghesia cittadina, con uffici di rappresentanza, sedi consolari, hotel 5 stelle; alla sua sinistra, a 200 mt. da qui in linea d’aria, ci sono Via Nizza e San Salvario, quartiere multietnico in tutti i sensi, con ristoranti afro-asiatici, botteghe artigiane, puttane, sinagoghe e templi valdesi. Non manca proprio nulla».
Mattia «Ma veramente, chi ce le ha le varietà e le contraddizioni della nostra città? Oh lo sai Toti che questo giro mi sta piacendo di brutto?»
Din Don: Ospedale Mauriziano, fermata Corso Turati Ospedale Mauriziano
Mattia: «Ma se ci fermassimo a prendere un caffè e poi proseguiamo con il tour? Siamo proprio vicini al Pix Pub».
Toti: «Mena Mattì, il caffè è una delle cose che più mi manca di casa. Qui ci sta il Lavazza, il Vergnano, ma il caffè Quarta è tutta un’altra cosa, senti proprio il profumo del Salento. Per non parlare del caffè in ghiaccio».
Mattia: «Il caffè in ghiaccio? E che cos è?»
Toti: «È un’altra specialità salentina. Si prepara il caffè e lo si serve in una tazzina. Dopodiché si versa il contenuto in un bicchiere con alcuni cubetti di ghiaccio. Il caffè si raffredda subito ma mantiene il suo aroma e assume un gusto unico. A Lecce d’estate si beve solo caffè in ghiaccio! Proseguiamo comunque, proseguiamo».
Mattia «Bon, questa estate mi sa farò le vacanze nel Salento, così mi fai da guida anche lì. Magari non sul tram però».
Din Don: Filadelfia, fermata Corso Unione Sovietica/ Via FiladelfiaMattia: «Qui però sono io che ti dico una cosa: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Non penso ci sia da aggiungere altro».
Toti: «La formazione più forte e leggendaria dell’Italia calcistica, senza alcun dubbio. Ed è una leggenda che senti nell’aria in città, anche a distanza di 60 anni, e il colore di quella maglia esprime e trasuda emozione, questo lo devo ammettere».
Din Don: Parcheggio Caio Mario, Fermata Corso Unione Sovietica Parcheggio Caio Mario
Mattia «Questo è proprio un luogo simbolo: alla nostra destra Mirafiori, alla nostra sinistra laggiù in fondo, il Lingotto».
Toti: «I veri simboli di quella che fino a poco tempo fa, e per molti ancora oggi, veniva definita one company town».
Mattia: «Già, fino a non più di quindici anni fa gli immobili, i servizi pubblici, gli ospedali, gli orari dei negozi, ogni cosa era pianificata dalla fabbrica, la fabbrica con la F maiuscola».
Din Don: Fermata Settembrini, Corso Unione Sovietica Corso Settembrini
Mattia «I miei genitori mi han raccontato degli anni ’50 e ’60, di quando in città arrivarono decine di migliaia di persone dal Sud sui treni della speranza alla ricerca di lavoro, e l’accoglienza non era delle migliori, anzi. Quando penso a quei cartelli con scritto “non si affitta ai meridionali”, al pregiudizio che a volte sfociava in odio, provo quasi vergogna».
Toti: «Ma che vergogna e vergogna Mattì, i mutamenti non sono mai semplici, le novità portano sempre una forma di resistenza al cambiamento, di paura dello sconosciuto. Ma se io oggi ho voluto farti fare questo giro è proprio per farti vedere come i luoghi e le persone cambiano, si evolvono, scoprono. E quanto è bella ed enigmatica Torino».
Din Don. Fermata Castello di Mirafiori Drosso Capolinea, fine corsa
Toti: «Sono le 12:20, un’ora e un quarto sulla linea 4, da Falchera a Mirafiori Sud. Adesso possiamo entrare in clima partita, non prima però di avere mangiato un bel panino salsiccia e cipolla e maionese davanti allo stadio».
Mattia «Toti ti devo ringraziare, quest’ora sul tram mi ha fatto capire e riflettere su molto cose, ma soprattutto mi ha fatto conoscere un po’meglio Torino».
La mia, anzi, la nostra città».
Ore 14:45, Stadio Olimpico di Torino, ingresso curva Primavera
Mattia «Guarda il drappo enorme che campeggia laggiù nell’altra curva, una maglia granata enorme con il n. 12 con scritto La Maratona, il dodicesimo uomo in campo, pronta a sostenere i suoi eroi sempre e comunque. Perché il Toro non è solo una fede, è un modo di intendere la vita».
Toti: «Ed io ti rispondo con la mia maglia giallorossa, quella indossata anche da tanti ragazzi qui a fianco a noi nel settore ospiti. Salento 12, l’identità di un territorio e di un popolo orgoglioso delle sue radici che si identifica non solo ma anche nella sua squadra di calcio».

La partita si conclude in parità, sul punteggio di 2-2, con il vantaggio del Lecce al 38° con Corvia, le reti del Torino al 65° su rigore e al 90° di Bianchi, e il definitivo pareggio del Lecce in extremis al 92° con Giacomazzi».
Mattia e Toti dopo la partita raggiungono degli amici in centro, per mangiare e bere qualcosa in uno dei locali della movida in Piazza Vittorio, con la Basilica di Superga sullo sfondo a dominare e proteggere Torino. Le voci della gente si mescolano alla città in movimento nel weekend, mentre il tram numero 13 solca le rotaie, ormai prossimo al capolinea di Piazza Gran Madre.
Ogni cento metri, il mondo cambia.
»Se nu te scierri mai delle radici ca tieni1 (Se non dimentichi mai le radici che hai)
Rispetti puru quiddre te li paisi lontani (Rispetti anche quelle dei paesi lontani)
Se nu te scierri mai de du ete ca ieni (Se non dimentichi mai da dove stai venendo)
Dai chiu valore alla cultura ca tieni (Dai più valore alla cultura che hai)
Simu salentini te lu munnu cittadini» (Siamo salentini del mondo cittadini”)

 

Pietro Scarpa

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