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I matrimoni gay e il referendum irlandese

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I matrimoni gay e il referendum irlandese

Poco più di 10 giorni fa, gli irlandesi sono stati chiamati a votare per stabilire, tramite referendum, se legittimare o meno i matrimoni gay. Il 62,1% dei votanti (più del 70% nei centri maggiori) ha espresso il proprio consenso e il premier Enda Kenny ha definito il risultato “pionieristico”: difficile dargli torto, considerando che la cattolicissima Irlanda è stata il primo paese a decidere sui matrimoni egualitari per via referendaria e che fino al 1993 considerava l’omosessualità un crimine. Tra i paesi dell’Unione Europea, soltanto Italia, Grecia, Cipro, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania non prevedono alcuna tutela per le coppie omosessuali.

Qualche giorno prima del referendum Giorgia Meloni scriveva sulla sua pagina Facebook: “No al matrimonio tra persone dello stesso sesso: sarebbe una spesa enorme per lo Stato e una inaccettabile apertura alle adozioni gay. Per noi le priorità sono altre: sostenere la famiglia tradizionale e la natalità e difendere il sacrosanto diritto di un bambino ad avere un padre e una madre”.
Intervistato un paio di mesi fa durante il programma di Radio24 “La Zanzara”, Matteo Salvini dichiarava: “I bambini devono nascere e crescere come il buon Dio ha deciso, l’utero in affitto è bieco e volgare egoismo. Pensiamo al bambino: se cresce con genitori gay parte con un handicap”.

L’eco dei detrattori non ha tardato a farsi sentire neppure dopo la diffusione dei risultati, puntuale e prepotente com’era prevedibile che fosse. Niente affatto scontati, invece, sono stati i contenuti integralisti e filo-cristiani espressi dai contrari: anche persone che probabilmente sono entrate in chiesa solo nel giorno del battesimo o per cercare refrigerio in un torrido pomeriggio d’estate hanno espresso opinioni degne del clero più conservatore.
Le polemiche più frequenti hanno riguardato le adozioni da parte di coppie omosessuali, l’eventualità che avere due padri o due madri possa turbare la psiche di un bambino, la convinzione che il matrimonio debba essere vincolato alla procreazione di figli e, dulcis in fundo, l’abusato, triste e confuso concetto di atto “contro natura”.

Sulla scheda del referendum, gli irlandesi con diritto di voto hanno risposto alla domanda: «Volete che sia emendato l’articolo 41 della Costituzione del 1937, con l’inserimento, nella sezione “Famiglia”, di una nuova clausola che recita “Il matrimonio può essere contratto per legge da due persone, senza distinzione di sesso”?». Non si menziona in alcun modo l’adozione, quindi perché ergersi a difensori dei diritti dei minori, senza che alcuna fantomatica e presunta violazione si sia verificata? Se, poi, per dirla come il buon Salvini, l’utero in affitto non è che un bieco atto d’egoismo, oltretutto contro natura, come mai il giudizio cambia quando si parla di coppie sterili?
Un popolo civile dovrebbe garantire gli stessi diritti (e doveri) a tutti i suoi membri, quindi trovo preoccupante che qualcuno si senta defraudato o minacciato dal fatto che persone con una diversa sessualità possano godere delle medesime libertà. La facilità con cui si sentenzia sulla questione “adozioni” è amareggiante: dato che un bambino non potrà mai scegliere la famiglia a cui essere affidato, perché una coppia gay dovrebbe necessariamente essere peggiore di quella fondamentalista cattolica, di quella divorziata e risposata quattro o cinque volte o di quella retrograda, dove il marito comanda mentre la donna non è che un complemento d’arredo della cucina?
Nei Paesi Bassi il matrimonio è aperto a coniugi dello stesso sesso dal 2001, ma sono regolamentate anche le unioni registrate e le convivenze di fatto. Per caso gli eterosessuali olandesi si sono estinti in seguito a tali leggi? un intero popolo ha smesso di fare figli preferendo la via dell’adozione? i coniugi omosessuali hanno trasformato le ultime generazioni in depravati dediti alla lascivia?

Disoccupazione giovanile e non, futuro quantomeno incerto, aumento delle tasse, austerity, malgoverno, malasanità, criminalità, degrado e così fino a dopodomani, e c’è chi si indigna per i matrimoni gay.
La perdita dell’empatia nei confronti degli uomini e del mondo sembra una delle caratteristiche di questa (spesso avvilente) post-modernità. Fortunatamente credo siano in molti a pensare che non ci si sposi esclusivamente perché si aspetta un bambino o si ha intenzione di concepirlo. Forse ho letto troppe volte i romanzi di Jane Austen, ma ormai è radicata in me la convinzione che la prima ragione per pensare al matrimonio debba essere semplicemente l’amore.

Annalisa Sichi