Home Servizi culturali Raccontami una storia 2018 Pulizia di Fino (Rosario Galatioto)

Pulizia di Fino (Rosario Galatioto)

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Pulizia di Fino (Rosario Galatioto)

Ci sono volte di fumo grigio.

Volteggiano e si addensano nell’aria.

Ci sono botti secchi, uno, due, tre, in rapida sequenza.

No, non voglio, non ho bisogno di un’impresa di pulizie, no, la pulizia è togliere la sporcizia, buttare via lo scarto, il superfluo, togliere, tagliare via i rami secchi.

L’immondizia fuori, così se la caricano e la portano via, lontano, alla discarica, puzzo col puzzo, dentro pulizia, dentro ed attorno a sé, via il nocivo, tutto clean.

Un barattolo unto, via! Via l’unto, l’oleoso sporca, fuori tante foglie secche scivolano sul selciato freddo, è venuto l’inverno come all’improvviso, nessuno se l’aspettava.

C’è gelo, qualcuno spazzerà via quelle foglie secche, il pavimento rimarrà pulito, freddo e pulito, il porfido si manterrà grigio e neutro come sempre.

Il fumo si addensa ancora, grigio anch’esso, grigio e sale, segue linee imprevedibili.

Il fumo aiuta, dentro e fuori, lo vedo quando esce dalla bocca, un fumo che incrosta, aiuta; aiuta pensare, via ne accendo ancora una.

Ancora una, mi piace vederne la nebbia che forma.

No, il resto no, lo sporco, l’addensamento dello sporco no, occorre pensarci per tempo, non farlo accumulare.

Perché poi s’incrosta, si attacca alle cose, non va più via, poi bisogna trovare qualcosa che scioglie, che pulisce a fondo, una miscela chimica che scioglie i grassi.

Ho bisogno di spazio attorno a me, spazio pulito, zero fastidi, nessun ammasso inutile.

Via i pensieri, anche quelli s’incrostano, occorre risolvere, sciogliere i nodi, districare.

Come il pettine, bello il pettine, passa e districa dolcemente, pone i capelli tutti in fila, allineati paralleli, tanti fili, tante sottili corsie.

Districa il pettine, bella la parola “districa”, ha un suono che mi piace, si sente nel pronunciarla, che c’è un intreccio, qualcosa che deve essere sciolto.

E il pettine via, passa e fa il suo lavoro.

Come i roveti, tutti storti nel crescere, si aggrovigliano e non si passa più.

E allora, tagliare, togliere diventa il verbo giusto, tagliare per passare oltre, tagliare via il fastidio che ostacola, punge, ferisce.

Meglio togliere, togliere tutto, altro che districare.

No, in quel caso non si può, nulla può districare l’aggroviglio di un roveto.

Piazza pulita, in quel caso, bisogna proprio eliminare tutto, per passare, per andare avanti.

Sciogliere i grassi, eliminare gli intrecci non districabili. Questo è il compito, questa la missione.

Spazio pulito, ognuno ha il suo, ne ha bisogno.

Non invadere, ecco un comandamento non scritto.

Non invadere lo spazio altrui, non intrometterti nelle vicende altrui, non intricarti.

Perché poi occorre districarti, spingerti via, sì, eliminarti.

«Cosa fai, Amore, Ti vedo, sei stanca?»

«Sorridi, non parli, sei soddisfatta, cosa hai fatto di là?»

«Non eri con me, eri di là, quanti sacchi… pulizia, hai fatto pulizia?»

«Sei stanca, si vede!»

«voglio vedere… quanti sacchi, tutti pronti, tanti sacchi, sembri soddisfatta, molto soddisfatta.»

«Non parli, ma quanto amore, quanto… quanto ne riversi con lo sguardo, cosa hai fatto?»

«Hai tagliato, hai potato la pianta rampicante sul balcone?»

«Hai buttato via un po’ di cose, tante cose, cose in più, inutili, no, quelle fastidiose, quelle che prendono spazio, intasano, ci rubano ogni giorno un po’ di spazio, così, in silenzio, senza che ce ne accorgiamo.»

Spazzatura, spazzatura che ci invade.

«Fumi? Fumo anche io, fumo con te.»

Volte di fumo.

«Avevi voglia di fumare, da quanto non fumi? Fumi soddisfatta, la stai aspirando con soddisfazione, sei soddisfatta, ami fare le pulizie.»

«Lo dici spesso, occorre fare le pulizie di fino, poi ci si sente meglio.»

«Si, sei proprio soddisfatta.»

«Fammi vedere, non parli, non vuoi dirmi, quale è la sorpresa, hai cambiato qualcosa? Hai spostato mobili?»

«Sei sbracciata, hai caldo.»

Fuori il gelo, il vento che soffia, ma Tu hai caldo.

«Dove ero, non mi sono accorto, quando hai iniziato? Non mi hai detto, non mi hai chiamato, dove ero, dove eri?»

«Sei andata giù in garage? O in cantina? Hai buttato via tante cose, ci sono tanti sacchi, chissà se li caricheranno tutti…»

«Non se l’aspettano di sicuro, quelli della spazzatura, no, come si dice quelli della nettezza urbana.»

La nettezza urbana.

Sembro un corpo speciale.

Quelli che ripuliscono, rendono netto con spazio urbano.

Quelli che ci liberano dall’ingombro, il fastidio, all’oppressione, quelli che ci si spingono via da questo soffocamento, ci ridanno il nostro spazio.

Chissà se ci tolgono via, se ci ripuliscono anche dai fastidi umani.

«Ma quanti sacchi hai fatto? Non riesco a contarli, uno, due,…… cinque, …di là, quanti sono?»

«Li porteranno via? Li hai messi in fila… tanti sacchi neri.»

«Ma quando li hai presi? Quando li hai comprati? Tanti i sacchi neri, pesanti, non vedo l’ora che li portino via, Hai fatto tutto tu, da sola, potevi chiamarmi… Avrei fatto anche io. Anche io con la smania di ripulire. Lo pensavo, sai? Lo pensavo già ieri. O l’altro ieri.»

Anche al lavoro, lì, è vero, non c’è spazio sufficiente. Troppa carta, troppa carta, troppi scritti inutili, troppe ridondanze, troppe, troppe, troppe….

Inutili.

Molte comunicazioni, richieste, risposte, risposte alle risposte e così via.

Basterebbe molto meno.

Grovigli di pensieri, di parole, di frasi, di ossequi.

E pensare che ci sguazzano.

Dentro le parole inutili.

Un mare nero, una distesa infinita, delle onde che fluttuano e sommergono.

E opprimono.

Boom, boom, boom, tre botti secchi avevo sentito, cos’era stato?

Tre colpi, uno dietro l’altro, in fila, come i tre porcellini.

Tre colpi sordi, come tre colpi di tosse quando cerchi di trattenerli.

E volte di fumo, «Fumare ti aiuta vero?»

«Ti aiuta lavorare meglio. Volevi farmi una sorpresa, quanto spazio hai liberato?»

«Non vedo, non mi fai vedere, lo so da Te, lo sento da Te, il grande risultato, ma non vedo. Capisco da te, aspiro. Come fai tu con le sigarette. Aspiro la tua soddisfazione. E diventa la mia.»

C’è tanto vento fuori. Ancora.

Spazza via.

Bisognerà che qualcuno pulisca fuori. C’è l’inverno. Tutto seccato.

«Quanti sacchi…. Sembrano pesanti, sono pesanti vero? Non sono i rami secchi della rampicante, sono altri. Lo hai fatto tu, lo hai fatto per me, hai liberato lo spazio, hai tolto il fastidio, hai eliminato l’oppressione, vero?»

«Mi ami… Li hai spazzati tutti quei rami secchi, quelli che ogni giorno si erano presi lo spazio vitale. Tanti i sacchi neri, non cammineranno più sulle nostre teste, vero? Tutti, tutti quanti via, perché il roveto non si riusciva più a districarlo. Hai avuto la forza, tutta la forza necessaria per farlo. E tanta determinazione e pazienza.

«Hai cominciato il lavoro e lo hai fatto, lo hai portato a termine, per me, Amore, per me. Con metodica attenzione. Per farli entrare nei sacchi.»

«Bisognava spazzare tutto, togliere, tagliare a pezzi piccoli.»

Di fino, pulizie di fino, lo dici sempre.

«Io non lo avrei fatto come te, non lo avrei saputo fare.

Per me, lo hai fatto per me, togliere e tagliare.»

Non ci sono più, sgombro lo spazio, respiro.

Aspirò una sigaretta. Ancora.

Altra nebbia, altre volte di fumo.

Che poi si dirada e mostra ciò che non si vedeva.

Prima i contorni, adesso i dettagli.

Erano dettagli, forse, si poteva soprassedere, convivere con la strada ingombra, gli spazi angusti.

«Per amore, per amore lo hai fatto, per me.

Non lo sopportavo, troppo ingombro nella mente. Liberiamo, hai liberato il mio spazio mentale oppresso.»

È mattino, ci svegliamo, buongiorno.

Andiamo al lavoro.

Come ogni giorno, come è nella vita, quella vera.

«Buongiorno, Amore, Ti ho sognata, sai? Grazie.»

Rosario Galatioto

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