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Coronavirus, la malattia si sta modificando

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Coronavirus, la malattia si sta modificando
This scanning electron microscope image shows SARS-CoV-2 (orange)—also known as 2019-nCoV, the virus that causes COVID-19—isolated from a patient in the U.S., emerging from the surface of cells (green) cultured in the lab. Credit: NIAID-RML

«Il profilo clinico di questa malattia è mutato, adesso non arrivano più persone che hanno necessità della terapia intensiva. La malattia si sta modificando». Sono le parole di Massimo Clementi, direttore del laboratorio di virologia del San Raffaele. «All’inizio dell’epidemia, al pronto soccorso del San Raffaele arrivavano 100 persone e la maggioranza aveva bisogno della terapia intensiva e dell’assistenza ventilatoria. Da due settimane non arrivano più, sono diminuiti i ricoveri. La malattia si è modificata o si sta modificando», dice. 

«Al San Raffaele abbiamo ricoverato oltre 1.000 persone, è stata fatta un’identificazione molto attenta dei fattori di rischio che portano da un’infezione lieve a una grava. I fattori di rischio vanno tenuti a bada, sono state introdotte terapie efficaci», aggiunge. «È noto che i virus sono molto più cattivi quando arrivano per la prima volta all’uomo. Conosciamo altri 6 coronavirus umani, 4 dei quali ci infettano da sempre. Questo coronavirus, se continua così, nel tempo potrebbe modificare il proprio profilo clinico di rischio e potrebbe adattarsi all’ospite». 

Già il 20 di marzo, pur invitando alla massima cautela e chiedendo forti misure preventive, il virologo Roberto Burioni aveva messo l’accento su questo aspetto.
«Il virus può diventare più buono? Sì, tipicamente i virus tendono a diventare più buoni. La cosa non è scontata – spiega il virologo con un esempio – Immaginiamo che attraverso le mutazioni venga fuori una variante del virus che faccia venire la febbre a 37,2 e non a 39-39,5. Le cose cambiano. Con 37,2 di febbre non stiamo tanto male, andiamo al concerto, a cena, alla partita», aveva detto in un video su MedicalFacts. Ecco che cosa potrebbe avvenire: «Il virus che provoca 39 o 40 febbre si trasmetterà molto di meno e quindi velocemente nella popolazione prevarrà la variante più buona perché, mentre gli altri stanno a casa, quelli infettati dalla variante che non fa venire la febbre alta, vanno in giro e trasmettono il virus».

Del resto, nel suo adattarsi a nuovi ospiti, un virus ha tutto l’interesse a convivere con la persona infettata. Da qui, l’adattamento all’habitat scelto come sempre, o quasi, avviene in natura.