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Direttiva sul copyright: opportunità o censura?

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Direttiva sul copyright: opportunità o censura?

Alzi la mano chi non ha mai visto un film in streaming, condiviso citazioni, scaricato la foto di un paesaggio o installato applicazioni che raccolgono musica e notizie. Internet è una giungla di contenuti nata libera e che tale dovrebbe restare: uno spazio che si rigenera di continuo grazie ai suoi utenti, cioè tutti noi, che sentiamo il bisogno o la volontà di condividere qualcosa con qualcuno e lo carichiamo in appositi spazi web. Non sempre però, anzi quasi mai, quello che condividiamo con gli altri è frutto del nostro ingegno.

La direttiva sul copyright, intorno alla quale le istituzioni Ue stanno raggiungendo un accordo in questi giorni, tratta proprio di ciò: come tutelare chi crea da questo forsennato scambio di informazioni ?

La norma sarà vincolante per i Paesi membri, anche per quelli che hanno votato contro, come l’Italia. Sarà obbligatoria per quanto riguarda il risultato da ottenere ma lascerà ampio margine di azione circa il come e le eventuali deroghe tutte da prevedere e su cui si dibatterà molto a lungo.
La pietra della discordia, all’interno di una direttiva che già sta poco simpatica, è l’articolo 13 che obbligherà i grandi raccoglitori come Google, Youtube o Facebook a filtrare i contenuti, cancellando tutto ciò che è tutelato come proprietà privata intellettuale oppure a pagarne i diritti d’autore: è possibile immaginare l’impatto che questo filtro, dai contrari già ribattezzato censura, avrà sull’utilizzo quotidiano che facciamo di internet, così come l’effetto che avrà per siti no profit come Wikipedia, costretta a pagare oppure a chiudere intere pagine che diventeranno tronche senza citazioni e riferimenti di sorta.

La faccenda è semplice: ogni volta che scarichiamo e ricarichiamo della musica o delle immagini o dei video sui social network o su piattaforme online di vario genere noi di sicuro non ci guadagniamo ma i siti che usiamo sì. Mettendo a disposizione solo lo spazio e usando i contenuti che noi stessi carichiamo ogni giorno, moltissimi siti creano traffico e generano denaro diventando dei colossi, addirittura quotati in borsa. In tutto questo a perderci, spesso, sono i creatori originari dei contenuti: scrittori, giornalisti, videomaker, fotografi e quant’altro che vengono fiaccati da uno scambio senza controllo che li priva non solo della paternità delle idee ma anche del giusto introito economico che dovrebbe avere il loro lavoro.

Proprio qui casca l’asino. Chiunque svolga un lavoro di tipo artistico e intellettuale lo sa: il sentore comune è quello di considerare questo genere di attività più come un passatempo piuttosto che come un lavoro e pertanto di pretenderlo gratis, soprattutto su internet. In realtà qualsiasi attività di questo tipo comporta impiego di energie, di tempo e di capacità, senza contare quel certo quid, da alcuni definito talento, che contraddistingue chi sceglie di vivere di arte e opere di ingegno: tutto questo va premiamo e riconosciuto, al pari di qualsiasi altro lavoro, cosa che non avviene ogni volta che usiamo materiale altrui in streaming illegale oppure mediante condivisioni senza permesso, spesso macchiandoci anche di una certa arroganza. Questo atteggiamento lassista nei confronti degli autori inibisce chi inizia ora a produrre arte, che rischia di non avere mai il sostentamento e la visibilità adeguata per essere prodotto e lanciato, ma anche coloro che sono già dei giganti. Basta notare il crollo delle vendite di librerie, cinema, negozi di musica, videonoleggi e affini che stanno ridimensionando tutta la produzione artistica in funzione del crollo delle entrate.

La direttiva scontenta i promotori di contenuti online mentre rende felici coloro che lavorano offline e che da sempre lottano e seguono le regole quando si tratta di diritti d’autore, come gli editori, i giornalisti e i produttori di audiovisivi.

La realtà è che il mondo online non sarà mai come quello offline e nemmeno gli è richiesto di esserlo: è uno spazio libero e nato per essere democratico e di certo non sono le condivisioni dei singoli utenti a spezzare le gambe gli artisti, anzi semmai veicolano cultura e hanno il merito di fare pubblicità, talvolta rendendo dei cult opere che tramite i canali normali restano inosservate. Il vero problema è quello di regolare chi invece ci guadagna senza dare nulla in cambio, in modo molto meno democratico.

Il sospetto, però, è che una direttiva possa essere inutile o insufficiente, quando non addirittura soggetta a pericolose manipolazioni da parti di alcuni governi di noti Stati poco liberali.

Sarebbe meglio educare le coscienze ad un uso rispettoso dell’arte e delle opere di ingegno, a non difendere l’illegalità e la comodità a tutti i costi in funzione del tutto e subito, fagocitando le opere senza apprezzarle e soprattutto senza apprezzarne i creatori, riconoscendo loro il merito non solo a parole ma anche economicamente, perché voler vivere del proprio lavoro, anche quando si tratta di arte e intrattenimento, non è una colpa. Altrimenti gli artisti, i musicisti, gli scrittori, i registi e tutti i loro colleghi saranno costretti a smettere e a rimetterci saremo tutti noi.

Alice Porta