La campanella

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La campanella

“Non ho capito, ripeti”

Andrea non poteva ripetere quello che non aveva detto. Non lo aveva ancora detto. Non lo avrebbe detto neanche dopo, lui lo sapeva, lo sapeva anche lei.

“Ho detto ripeti” disse, senza che si smuovesse un solo capello del suo chignon.

Come faccio a ripetere quello che non ho detto, quello che non so?

“Andrea, allora ripeto io: quanto fa 5 diviso 2?”

Andrea aveva una voce flebile come la luce di una candela. Lui che cantava nel coro della scuola, e non faceva come tanti suoi compagni, anche più grandi di lui, che si mettevano nelle retrovie e aprivano la bocca fingendo di intonare i canti degli alpini, senza emettere un suono. Lui cantava, con timbro stentoreo, forte e basso, da baritono in erba. Ma lì, in quei momenti, che la maestra insisteva a rendere tanto consueti quanto interminabili, in piedi con le braccia sottili, una manina che stringe forte forte il gesso e l’altra che strofina di continuo il grembiulino blu, con i ditini che andavano su e giù, rapidi ed armonici, la voce ad Andrea proprio non voleva venir fuori, anche se avesse avuto qualcosa da dire, niente, solo un soffio di vento muto.

“Per l’ultima volta, dimmi quanto fa 5 diviso 2”, e questa volta sembrò quasi che la voce della maestra, abitualmente monocorde, avesse assunto una variazione impercettibile verso l’alto, accompagnata da un trascurabile corrugamento della fronte.

Lorenzo Iannelli

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