Un pesce in padella

La pelle della trota? Una riserva di omega-3

Mangiare la trota fa bene. Anzi, la pelle della trota che è una vera e propria riserva di omega-3. Lo hanno scoperto i ricercatatori dell’università di Firenze, in collaborazione con i loro colleghi di Udine. Gli omega-3 sono un importante alleato della nostra salute. Sono acidi grassi polinsaturi e permettono il mantenimento di alcune funzioni metaboliche e la risoluzione di processi infiammatori di varia natura. L’organismo umano ne sintetizza in minima parte: per questo per soddisfarne il fabbisogno occorre un’alimentazione che contenga, ad esempio, il pesce o, più in generale, i prodotti ittici.

I ricercatori fiorentini hanno condotto il loro studio sulla pelle della trota iridea. I risultati sono tali da spingere a ritoccare le nostre abitudini alimentari: mangiar parti poco nobili, come la pelle, non sarà più un peccato.
Pubblicato su Waste and Biomass Valorization lo studio rivela che la pelle della trota iridea contiene una percentuale maggiore di omega-3 rispetto agli stessi filetti del pesce e potrebbe essere rivalutata ai fini alimentari.

«Le autorità sanitarie mondiali raccomandano l’assunzione per individuo adulto di circa 500 mg al giorno di omega-3, in particolare dell’acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA): l’equivalente a 3,5 g a settimana. Tale quantità è generalmente associata al consumo di circa 2-3 porzioni da 100 g di pesce», ricorda Giuliana Parisi, responsabile del gruppo di ricerca Giuliana Parisi e docente di acquacoltura nell’ateneo fiorentino.

Molte specie di pesce non sono però in grado di produrre gli acidi grassi EPA e DHA da accumulare nei loro tessuti. Devono introdurli con la dieta che spesso risulta povera. Circa il 60% dell’ammontare complessivo della produzione di prodotti ittici destinati al consumo umano deriva infatti dall’acquacoltura che, a sua volta, dipende dalle risorse naturali per l’approvvigionamento degli ingredienti più nobili dei mangimi, la farina e l’olio di pesce, fonte principale di omega-3 nella dieta dei pesci allevati.
«Negli ultimi 30 anni, a causa del depauperamento degli stock ittici naturali, gli ingredienti di origine marina sono stati fortemente ridotti e sono stati sostituiti con farine e oli di origine vegetale. Questo  cambiamento nei mangimi ha fatto sì che il contenuto di omega-3 nel pesce allevato si sia nel tempo ridotto:  nel prossimo futuro non solo dovremo far fronte alla richiesta di alimenti di origine animale, soprattutto pesce, da parte di una popolazione mondiale crescente, ma ci ritroveremo anche con alimenti di minor qualità nutrizionale», precisa la ricercatrice Unifi Giulia Secci, fra gli autori dello studio insieme ai giovani studiosi Leonardo Bruni e Yara Husein, e a Francesca Tulli, docente a Udine.

Per aumentare l’approvvigionamento di EPA e DHA la strada sembra essere quella della valorizzazione dei sottoprodotti e della prevenzione dello spreco alimentare. Per questo lo studio in questione si è posto l’obiettivo di caratterizzare il profilo in acidi grassi della pelle di trota iridea (Oncorhynchus mykiss) alimentata con fonti proteiche alternative (farina di larve dell’insetto Hermetia illucens).
«La pelle di trota è una fonte preziosa di omega-3: il contenuto medio di omega-3 trovato in essa ammonta al 25% degli acidi grassi totali, a fronte del 15% contenuto nei filetti degli stessi animali – commenta Giuliana Parisi – E la cosa più importante è che questa percentuale di omega-3 tende a restare costante nella pelle, a prescindere dalla dieta somministrata agli animali».

«È doveroso rivedere le nostre abitudini alimentari e valorizzare questa parte non nobile, ma estremamente ricca del pesce, per evitare di gettare nel cestino nutrienti essenziali come gli acidi grassi, nonché il lavoro quotidiano di chi si impegna ad aumentare la sostenibilità del settore acquacolturale», conclude Parisi.

Please follow and like us: