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Ocean Cleanup, la pulizia dei mari è una realtà

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Ocean Cleanup, la pulizia dei mari è una realtà

Ad ogni angolo del mondo c’è qualcuno che tiene il fiato sospeso osservando le mosse del ventenne olandese Boyan Slat: studente di ingegneria aerospaziale e inventore, è diventato famoso per aver concepito un innovativo sistema di pulizia dei mari chiamato Ocean Cleanup.

La liberazione degli oceani dall’immondizia era considerata impossibile: utilizzando soltanto navi e reti, si calcola che sarebbero stati necessari almeno 79.000 anni, col rischio di danneggiare l’habitat marino. Il concetto rivoluzionario su cui si basa Ocean Cleanup richiama alla mente Maometto e la famosa montagna: perché muoversi tra i mari, quando i mari si muovono verso di noi? Il progetto prevede l’utilizzo di lunghe barriere galleggianti che sfruttano il naturale movimento delle correnti oceaniche per convogliare passivamente i rifiuti. L’acqua scorre sotto ampi bracci che trattengono solo la plastica, senza danneggiare l’ecosistema e con un costo nettamente inferiore a quello dei meccanismi di pulizia tradizionali.

L’idea nacque durante una vacanza in Grecia con la famiglia: esplorando i fondali, Boyan si rese conto di come sott’acqua si muovessero più buste di plastica che pesci. A soli 17 anni, il ragazzo presentò il suo progetto di pulizia dei mari nel corso di una conferenza TED (technology entertainment design): il successo fu tale da accendere l’entusiasmo di un centinaio di volontari tra scienziati e ingegneri. Il team di specialisti cominciò immediatamente a collaborare alla realizzazione di quella che il Ministero delle infrastrutture e dello sviluppo olandese ha definito “la migliore innovazione sostenibile in campo marino”.

Ocean Cleanup è stato sovvenzionato attraverso il crowdfunding, una pratica di micro-finanziamento collettivo. Nel giro di cento giorni, grazie all’intervento di 38.000 donatori provenienti da 160 paesi in tutto il mondo, sono stati raccolti più di due milioni di dollari: la campagna di crowdfunding no-profit lanciata da Boyan ha riscosso un successo senza precedenti.

Gli ultimi mesi del 2014 hanno visto l’avvio della fase pilota, con la costruzione e il collaudo delle strutture operative. Il 2015 sarà dedicato alla raccolta di nuovi dati e alla realizzazione di test su larga scala dell’invenzione, mentre l’anno prossimo sarà installata la prima costruzione definitiva.

L’inquinamento del mare causato dai materiali plastici è considerato dalle Nazioni Unite uno dei problemi più gravi del ventunesimo secolo. Tutti gli anni vengono gettate in mare circa 8 milioni di tonnellate di plastica che si concentrano formando cinque “isole-spazzatura”: due nell’oceano Atlantico, due nel Pacifico e una nell’Indiano. Si stima che gli oceani contengano almeno 5.250 miliardi di pezzi di plastica, di cui un terzo nella zona chiamata Great Pacific Garbage Patch.
I rifiuti di plastica provocano, ogni anno, la morte di almeno un milione di uccelli e centomila mammiferi marini, oltre a un danno economico di 13 miliardi di dollari ai settori della pesca, dei trasporti e del turismo.
La plastica, inoltre, assorbe prodotti chimici tossici che possono entrare nella catena alimentare se ingeriti dai pesci di cui l’uomo si nutre. Tali sostanze possono causare un abbassamento della fertilità, malformazioni, cancro.

Se conoscete la storia del vecchio, del ragazzo e dell’asino, saprete che la gente giudicherà qualsiasi cosa facciate: il giovanissimo e geniale Boyan ha collezionato la sua dose di scettici e critici, nonostante abbia intrapreso un progetto dalle proporzioni eroiche a favore del mondo intero. Purtroppo ogni tanto si tende a dimenticare che, se il genere umano non esistesse, probabilmente la Terra sarebbe un posto più bello e più sano.

Annalisa Sichi

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