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Pubblicato Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo

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Pubblicato Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo

Il 22 febbraio 1631 è appena, da un giorno per essere precisi, stato pubblicato a Firenze il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, celeberrimo trattato in forma dialogica di Galileo Galilei in cui sono discussi il sistema tolemaico, che pone la terra al centro dell’universo, e quello copernicano, il quale pone invece il sole al centro del sistema solare con gli altri pianeti come la Terra che gli girano attorno.

La storia del trattato risale all’inizio del diciassettesimo secolo, quando Galileo, scienziato favorevole all’eliocentrismo già noto per le sue scoperte, viene chiamato a Firenze da Cosimo II de’ Medici come Primo matematico e filosofo, una posizione che egli accetta sia per il prestigio che per meglio sopperire alle necessità economiche della famiglia. Accettare lo espone tuttavia maggiormente all’Inquisizione, poichè la chiesa in quegli anni sta diventando ostile anche verso i sostenitori della teoria copernicana.

Ritratto di Galileo Galilei del 1635 di Justus Sustermans (Galleria degli Uffizi, Firenze)

Nel 1616, il libro di Copernico, che sosteneva le tesi eliocentriche, viene inserito nell”Indice dei libri proibiti e, contro ogni prudenza, Galilei decise di recarsi a Roma per perorare la sua tesi davanti al papa Paolo V. Galileo, con l’appoggio dell’Accademia dei Lincei, si esponeva per difendere una dottrina in cui credeva, con la speranza di essere riconosciuto come grande scienziato anche a Roma e infine per evitare quella frattura con la Chiesa che avrebbe avuto gravi conseguenze per la sua sincera fede cattolica e per la verità della scienza. Galileo era infatti cattolico convinto, il quale riteneva che la Bibbia avesse la verità assoluta sulla salvezza, ma la cui interpretazione riguardo il mondo naturale dovesse essere adattato alle scoperte scientifiche quando queste apparivano in contrasto con la Scrittura. Famosa è infatti la frase attribuita a Galileo per cui la Bibbia insegna “come si vadia al cielo, non come vadia il cielo“. Galilei fu ben accolto formalmente ma, anche se non costretto all’abiura, fu ammonito dal cardinale Bellarmino sul carattere eretico della dottrina copernicana e quindi invitato ad abbandonarla e a non insegnarla. Galilei secondo il decreto del Sant’Uffizio “acquievit et parere promisit” (acconsentì e promise di obbedire).

Poco dopo diveniva papa Urbano VIII, il cardinale Barberini, protettore dell’eretico Tommaso Campanella, e Galilei, pensando che fosse giunto il momento opportuno di riprendere la sua battaglia scientifica, pubblicò “Il Saggiatore” in cui ribadì quanto sostenuto in cui pose le basi del metodo sperimentale moderno.

Era previsto che il dialogo, il cui titolo avrebbe dovuto essere Del flusso e riflusso, fosse pubblicato a Roma a cura dell’Accademia dei Lincei e Galileo, completata l’opera nel gennaio 1630, vi si recò in marzo per ottenere l’imprimatur ecclesiastico. Ripartì da Roma il 26 giugno, con le assicurazioni degli esaminatori, i domenicani Niccolò Riccardi e Raffaello Visconti, dell’autorizzazione alla stampa con poche modifiche non sostanziali.

Il 1º agosto moriva però Federico Cesi, il patrono dell’Accademia dei Lincei, e questa rinunciò a pubblicare l’opera, così che Galileo decise di pubblicarla a Firenze: qui ottenne rapidamente l’autorizzazione dal domenicano Giacinto Stefani, ma occorreva anche l’autorizzazione da Roma, che tardava a venire. Finalmente, nel luglio del 1631, padre Riccardi inviò all’inquisitore di Firenze l’autorizzazione alla stampa, una bozza di prefazione e l’ordine di mutare il previsto titolo Sul flusso e riflusso: questo titolo, che richiamava quella che Galileo considerava la prova della correttezza del sistema copernicano, fu mutato in Dialogo di Galileo Galilei Linceo, dove ne i congressi di quattro giornate, si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, e l’opera poté essere infine pubblicata a Firenze il 21 febbraio 1632.

L’opera, stampata da Giovan Batista Landini, usava l’espediente letterario di evitare una esplicita presa di posizione facendo intervenire un personaggio neutrale tra i due contendenti – Sagredo. Nella prefazione, con la Lettera al Discreto Lettore, lo stesso Galilei dichiarava che, pur evidenziandosi la superiorità della dottrina copernicana, egli personalmente sosteneva la fermezza della terra, ovviamente per motivi religiosi. Il titolo completo, in principio, fu Dialogo di Galileo Galilei Linceo Matematico Sopraordinario dello Studio di Pisa e Filosofo e Matematico Primario del Serenissimo Gr. Duca di Toscana, dove ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due Massimi Sistemi del Mondo, Tolemaico e Copernicano, proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche e naturali tanto per l’una, quanto per l’altra parte, anche se Galileo, durante la stesura, era più propenso al titolo De fluxu et refluxu maris: Sul flusso e il reflusso del mare. Il revisore dell’opera però, tale padre Riccardi, si oppose ad un titolo che alludesse a tal modo al copernicanesimo, di cui le maree erano una delle prove fisiche (anche secondo Galileo).
Si capì ben presto nella Chiesa che la tesi tolemaica, mediante il personaggio Simplicio, era considerata nel libro erronea: severamente richiamato a Roma dall’Inquisizione, Galileo venne condannato per aver scritto un’opera dall’accusa definita “più perniciosa della dottrina luterana e calvinista“. Il nemico maggiore di Galileo era da una parte Papa Urbano VIII, per il potere posseduto, dall’altra il gesuita Christopher Scheiner, che scrisse inoltre un’opera intitolata Rosa ursina, appunto contro Galileo. Gli ordini ecclesiastici vietarono ogni forma di diffusione: nel giugno 1633 il libro veniva proibito e Galileo doveva firmare l’abiura. L’opera infine ottenne l’autorizzazione da parte della Chiesa nell’anno 1710. Nel 1740 uscì a Padova un’edizione completa delle opere di Galilei; il Dialogo è contenuto nel IV volume.

Immagine d’apertura: frontespizio dell’opera