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Pubblicato Manifesto del Partito Comunista

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Pubblicato Manifesto del Partito Comunista

Il 21 febbraio 1848 Karl Marx e Friedrich Engels pubblicano a Londra il celebre Manifesto del Partito Comunista, libello fu commissionato dalla Lega dei Comunisti per esprimere il loro progetto politico.

La seguente è la celeberrima apertura del Manifesto:

Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi. […] È ormai tempo che i comunisti espongano apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che contrappongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito stesso.”

Marx e Engels nel Manifesto analizzano la storia come lotta di classe, sempre esistita e combattuta tra oppressi ed oppressori. I due sottolineano come questo contrasto non solo sia ancora presente nella moderna società borghese, ma che piuttosto si sia addirittura inasprito, poiché in seguito a grandi trasformazioni sociali connesse alla trasformazione del modello produttivo è animato da solo due grandi classi: la borghesia e il proletariato. La prima, classe rivoluzionaria nel Basso Medioevo e all’inizio dell’età moderna, dopo aver annientato la struttura economica e politica allora esistente, ormai inadeguata e obsoleta, si consacrò come classe dominante a tutti gli effetti durante la rivoluzione industriale. La seconda, nata in seguito alla nascita del modello economico capitalistico, risulta essere quella oppressa, ma potenzialmente dominante.

Marx ed Engels, foto di Marx presa nel 1867, foto di Engels presa tra il 1856 e il 1868

Per i due autori la base su cui la borghesia ha costruito la propria forza è sostanzialmente lo sfruttamento del proletariato, tutelato dai governi, definiti da Marx ed Engels “un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese“. Tuttavia con lo sviluppo dell’industria la classe operaia, le cui file tendono a ingrossarsi sempre di più anche di parti della piccola-media borghesia e di borghesia declassata, è destinata a crescere in numero e in forza. La compressione dei salari tende a far sì che le condizioni di vita dei lavoratori diventino man mano sempre più simili, così che essi tendono a organizzarsi in associazioni permanenti per difendere i loro diritti. Alla luce di tali premesse il proletariato risulta essere destinato ad abbattere la classe borghese insieme con il modello economico da essa introdotto, ovvero il capitalismo. In seguito alla rivoluzione in cui il proletariato conquisterà il potere politico dovrà esserci necessariamente una fase di transizione, definita “dittatura del proletariato”, durante cui verranno utilizzati dalle associazioni operaie i mezzi di produzione borghese, messi a disposizione dallo Stato, per trasformare radicalmente la società. A uno Stato borghese si sostituirà quindi uno Stato proletario, a una dittatura della borghesia una dittatura del proletariato. Va precisato comunque che Marx ha usato nello specifico l’espressione “dittatura del proletariato” per l’attuazione successiva del comunismo solo successivamente al Manifesto.

Vengono proposti anche dieci punti, che all’epoca della stesura del Manifesto avevano valore di programma rivoluzionario per i Paesi più progrediti. Attraverso queste dieci misure si attuerebbe quella che in seguito Marx avrebbe denominato dittatura del proletariato. I punti sono: 1) Espropriazione della proprietà fondiaria ed impiego della rendita fondiaria per le spese dello Stato 2) Imposta fortemente progressiva 3) Abolizione del diritto di successione 4) Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e ribelli. 5) Accentramento del credito in mano allo Stato mediante una banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo. 6) Accentramento di tutti i mezzi di trasporto in mano allo Stato. 7) Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano collettivo. 8) Eguale obbligo di lavoro per tutti, costituzione di eserciti industriali, specialmente per l’agricoltura. 9) Unificazione dell’esercizio dell’agricoltura e dell’industria, misure atte ad eliminare gradualmente l’antagonismo fra città e campagna. 10) Istruzione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale.

Marx e Engels passano poi ad analizzare tutti quelli che essi ritengono i progetti e le teorie socialiste precedenti. Individuano vari tipi di socialismo, tra cui un socialismo reazionario (Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi), un socialismo conservatore o borghese (Pierre-Joseph Proudhon) e un socialismo utopistico (Henri de Saint-Simon, Charles Fourier e Robert Owen).

Il testo si chiude con una visione delle varie lotte portate avanti dai comunisti nei vari Paesi. Si ricorda però che al tempo stesso è necessaria una stretta collaborazione tra i partiti dei vari Paesi. Sono quindi poste le basi dell’internazionalismo di matrice socialista in quanto i proletari dei vari Paesi hanno obiettivi comuni e quindi devono unirsi. Di qui il famoso appello: “proletari di tutto il mondo, unitevi!“.

In Italia la prima e parziale traduzione del Manifesto fu pubblicata nel 1889. Una successiva traduzione fu pubblicata ancora parziale nel 1891 mentre nel 1892 fu pubblicata a puntate nel periodico Lotta di classe a opera di Pompeo Bettini la prima traduzione completa del Manifesto.

Immagine d’apertura: copertina dell’edizione originale