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“Ce lo chiede il distretto”:

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<strong>“Ce lo chiede il distretto”:</strong>

 una motivazione povera per giustificare scelte sbagliate e ideologiche. E intanto l’incertezza si fa largo anche tra i promotori della quotazione in Borsa della Multiutility

“Ce lo chiede il distretto”. Quanto volte lo abbiamo sentito dire, a Prato? L’evocazione del mitico “distretto” stavolta è messa al servizio della scelta di promuovere la Multiutility e la sua futura quotazione in Borsa.

In risposta alla petizione presentata in Commissione 1 da Unione Popolare, il vice-sindaco Simone Faggi ha rivendicato nella sua totalità la strategia che ha portato alla costituzione della Multiutility. “Mancano gli impianti”: con questa affermazione – mai messa realmente a confronto con altre strategie di gestione dei rifiuti – si vorrebbe chiudere la questione, riconfermando la stretta connessione tra la nascita della nuova società e la costruzione di tre nuovi ‘pirogassificatori’.

In realtà la questione non è affatto chiusa: perché l’incenerimento e la distruzione dei rifiuti sono l’opposto delle strategie di trattamento identificate come prioritarie nelle direttive europee, tutte orientate nella direzione del riciclo e del recupero delle materie prime; perché se l’amministrazione asseconda le spinte provenienti dagli industriali pratesi queste non coincidono affatto con gli interessi della comunità e delle persone che vivono in questo territorio; perché con il richiamo alla costruzione degli impianti si vuole semplicemente e sciaguratamente apparire “moderni”, visto che il “sì” agli impianti è ormai più un abito ideologico – un’affermazione vuota che si autogiustifica – che una convinzione argomentata e fondata sui fatti.

La Multiutility è una “macchina da dividendo”, perché le attività che vi fanno capo hanno un bassissimo rischio d’impresa e interessano tutti i cittadini e tutte le imprese. Di fronte alla contestazione di questo elemento fattuale, il vice-sindaco ha affermato che il comune è ben lieto di garantirsi gli utili che ne derivano: gli utili sono già serviti – ha detto Faggi – per “il fondo affitti”, per “aumentare di 20 unità i posti disponibili nelle Rsa”, per “le case popolari”, per “aumentare il budget delle assitenti sociali”.

Non c’è da rallegrarsi: Faggi ha così ammesso che dei servizi si fa un uso distorto e manipolatorio. Il pagamento delle tariffe da parte dei cittadini è finalizzato a remunerare gli azionisti ed in particolare, per quanto riguarda l’amministrazione, a sostenere spese che dovrebbero essere invece essere a carico della fiscalità. Faggi ha in sostanza confessato che le tasse e le imposte locali possono non essere aumentate, o aumentate in minor misura, perché il pagamento delle bollette – che non ha nulla a che fare con il principio di progressività delle imposte – serve a coprire spese che dovrebbero essere finanziate con la fiscalità locale.

In ogni caso, al di là delle rivendicazioni a petto in fuori e delle ammissioni involontarie, la strategia delineata vacilla. L’obiettivo di quotare in Borsa la Multituility è sempre più esposto a critiche e dubbi, ieri ribaditi nel corso del dibattito dal segretario del Pd Marco Biagioni e per la prima volta anche dallo stesso Faggi. Di fronte alle evidenze, la preoccupazione e l’incertezza cominciano a serpeggiare anche tra coloro che hanno promosso e sostenuto a spada tratta questa operazione. Tanto più che la prospettiva della quotazione in Borsa dovrebbe coincidere con la campagna elettorale del 2024: in quella fase sarà ancora più difficile occultare il significato della scelta compiuta di fronte alle elettrici ed agli elettroi.

Continueremo a lavorare, insieme alle associazioni ed al coordinamento No Multiutility, alla formulazione di proposte alternative. Continueremo ad incalzare i promotori e ad informare i cittadini e le comunità. Continueremo a ricordare che la scelta della Multiutility non risponde ad una presunta e non meglio definita necessità indifferibile, ma si configura come una scelta politica ideologica e sbagliata.

C’è ancora tempo per rimediare.