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E TU COME STAI?

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<strong>E TU COME STAI?</strong>

a Roma il documentario sulla vicenda della GKN a Campi Bisenzio (2 marzo, C.S.O.A. Prenestino)

Nell’ambito della rassegna “Senza chiedere permesso”, organizzata da CinemaForte al C.S.O.A. Forte Prenestino su film di e su pratiche di autogestione, avrà luogo giovedì 2 marzo alle 21:30, la prima proiezione romana di E TU COME STAI?, il documentario che racconta la vicenda dei lavoratori della GKN Driveline Firenze, girata a 4 mani da Lorenzo Enrico Gori Filippo Maria Gori. Dopo l’anteprima al Festival di Popoli di Firenze, dove ha mietuto unanimi consensi di pubblico e critica, arriva dunque nella Capitale la storia che vuol far conoscere nei dettagli, una triste vicenda, quella dell’imponente Collettivo di Fabbrica che il 9 luglio 2021 ha visto, senza nessun preavviso, chiudere la fabbrica dove gli operai lavoravano da anni, trovandosi improvvisamente per strada e che ha smobilitato centinaia di dipendenti per combattere una causa morale divenuta anche una questione di sopravvivenza. A filmarla in tempo reale, ad appena due settimane dall’evento, un padre e un figlio, il cui diverso sguardo generazionale è confluito sincronicamente sull’esigenza di documentare lucidamente, passo passo, questa lotta operaia. “Non era la prima volta che entravamo in una fabbrica per documentare la contestazione dei lavoratori e delle lavoratrici vittime di licenziamenti – affermano i Gori – ma già dalla prima intervista con Dario Salvetti (operaio e delegato Rsu) abbiamo capito che la lucidità e l’organizzazione del Collettivo di Fabbrica GKN, nonché la capacità di analisi dei lavoratori della loro situazione e del contesto economico e politico che l’aveva generata, erano non comuni. Anzi, erano decisamente straordinarie. Così abbiamo iniziato a documentare cosa stesse accadendo dentro (e attorno) lo storico stabilimento ex-Fiat di Campi Bisenzio.” Al motto “Insorgiamo”, i lavoratori hanno occupato lo stabilimento, vi hanno organizzato un presidio per garantirne la sicurezza e hanno avviato una mobilitazione che ha coinvolto l’intero territorio e altre lotte del paese. Per sfuggire a calcoli politici e finanziari calati dall’alto, la comunità degli operai GKN si è ritrovata ad affrontare continui ostacoli, raggiri e imprevisti. Più si andava avanti e più la lotta si è rivelata non solo uno strumento di difesa ma anche un modo diverso di intendere la vita, dove prendersi cura degli altri costituisce il primo passo per la cura di sé. “Ci siamo chiesti a lungo – afferma il Collettivo di Fabbrica Gkn – se durante tutta questa lotta saremmo stati  la cronaca di una delle tante storie di licenziamenti di questo paese o la storia di una vittoria quasi impossibile. La verità è che la cronaca si misura in giorni e la storia in anni. E questa domanda non avrà probabilmente una riposta univoca e chiara per molto tempo. Allo stesso modo, che questo documentario sia la cronaca di questa lotta o un piccolo strumento per farne storia, lo vedremo negli anni. E forse lo rivedranno tra anni. Vada come vada, in fondo, un documentario di classe e sulla classe è sempre un piccolo grande avvenimento storico”. “Il film racconta una vicenda emblematica con cura e forza emotiva – dichiara Vincenzo VitaPresidente AAMOD – Qui la lotta di resistenza diventa una sorta di autobiografia della nazione, di un’Italia zeppa di precariato e disoccupazione, ma ciò che rende davvero straordinario questo prodotto decisamente estraneo al mainstream è il rapporto stretto e sinergico tra l’occhio professionale di chi gira e l’occhio di chi è l’oggetto cosciente della narrazione. Le persone così, sempre autentiche, assurgono a protagoniste assolute, come in una tragedia greca”. “Grazie a Lorenzo Enrico e Filippo Maria Gori siamo entrati nel vivo della fabbrica e abbiamo ascoltato le voci degli operai e osservato la lotta in tutte le sue fasi – ricorda l’Istituto De Martino. Questo film ci aiuterà a capire cosa è successo, per costruire memoria di una vicenda esemplare e trasformare in patrimonio civile e democratico una straordinaria mobilitazione di operai, comitati, territori.” E tu come stai? è un documentario diretto da Filippo Maria Gori e Lorenzo Enrico Gori con Collettivo di fabbrica – Lavoratori GKN Firenze;  scrittura e montaggio di Filippo Maria Gori; fotografia di Filippo Maria Gori e Lorenzo Enrico Gori; produzione creativa di Luca Ricciardi; montaggio del suono di Beatrice Mele; mix di Piero Fasoli; color e titoli di Mauro Vicentini. Il film è co-prodotto da Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico Istituto Ernesto de Martino e distribuito da OpenDDB – Distribuzioni dal basso che lo sta presentando in tutta Italia dallo scorso gennaio.

Il 9 luglio 2021 i lavoratori della GKN Driveline Firenze, azienda dell’automotive, scoprono che la loro fabbrica a Campi Bisenzio è stata chiusa. Nessun preavviso, nessuna crisi: una delocalizzazione a fini speculativi. 

La reazione del Collettivo di Fabbrica degli operai non si fa attendere. Occupano lo stabilimento, vi organizzano un presidio per garantirne la sicurezza e avviano una mobilitazione che coinvolge l’intero territorio e altre lotte del paese. “Insorgiamo”, motto partigiano fiorentino, è la loro parola d’ordine. 

Per sfuggire a calcoli politici e finanziari calati dall’alto la comunità degli operai GKN si ritrova ad affrontare continui ostacoli, raggiri e imprevisti. Più vanno avanti e più la lotta si svela essere non solo uno strumento di difesa ma anche un modo diverso di intendere la vita, dove prendersi cura degli altri costituisce il primo passo per la cura di sé.

DICHIARAZIONE COLLETTIVO DI FABBRICA GKN

Ci siamo chiesti a lungo durante tutta questa lotta se saremmo stati cronaca o storia. Se saremmo stati la cronaca di una delle tante storie di licenziamenti di questo paese o la storia di una vittoria quasi impossibile. La verità è che la cronaca si misura in giorni e la storia in anni. E questa domanda non avrà probabilmente una riposta univoca e chiara per molto tempo. Allo stesso modo, che questo documentario sia la cronaca di questa lotta o un piccolo strumento per farne storia, lo vedremo negli anni. E forse lo rivedranno tra anni. Vada come vada, in fondo, un documentario di classe e sulla classe è sempre un piccolo grande avvenimento storico.

Il Collettivo di Fabbrica Gkn

NOTE DI REGIA

Non vi è racconto, fattuale o immaginario, che non nasca da un’urgenza. Il nostro film documentario “E tu come stai?” non fa eccezione. Non erano trascorse neanche due settimane da quel 9 luglio 2021 – data d’inizio di questa lotta operaia – quando iniziammo a documentare cosa stesse accadendo dentro (e attorno) lo storico stabilimento ex-Fiat di Campi Bisenzio.  

Non era la prima volta che entravamo in una fabbrica per documentare la contestazione dei lavoratori e delle lavoratrici vittime di licenziamenti, ma già dalla prima intervista con Dario Salvetti (operaio e delegato Rsu) capimmo che la lucidità e l’organizzazione del Collettivo di Fabbrica GKN, nonché la capacità di analisi dei lavoratori della loro situazione e del contesto economico e politico che l’aveva generata, erano non comuni. Anzi, erano decisamente straordinarie. 

Iniziammo a seguire le vicende GKN dopo un confronto con lo storico pistoiese Stefano Bartolini. Inizialmente ci siamo mossi per documentare con materiale audiovisivo la lotta della vertenza sindacale in corso, senza chiederci, almeno per le prime settimane, quale sarebbe stata la destinazione di questo materiale. Era però chiara la necessità di documentare una lotta che fin da subito si è presentata come inedita, sia nella forma di organizzazione, sia nel contenuto di contestazione e proposta. Le prime interviste, i primi cortei coi loro comizi e le prime assemblee che filmavamo sembravano tutte quante dirci all’unisono la stessa cosa: noi stiamo così, e voi come state? Nel descriverci cosa fosse successo, come ci si era arrivati e cosa si intendesse fare d’ora in poi, i racconti degli operai non erano mai autoreferenziali. La priorità era sempre quella di connettere le proprie esperienze a quelle degli altri. I loro problemi erano anche nostri, così come i nostri erano loro. Quei 500 posti di lavoro non appartenevano ai dipendenti né all’azienda, ma al territorio. E poiché un territorio altro non è che le persone che lo abitano, anche noi capimmo di essere stati, assieme agli operai della GKN, prima ingannati dal fondo internazionale proprietario dell’azienda e poi traditi dalle istituzioni. Non perché quei posti di lavoro ci riguardassero in prima persona, bensì in quanto persone affezionate al proprio lavoro. Capire questo ragionamento, farlo proprio, era la prima e più cruciale condizione necessaria per sviluppare il progetto che, dopo pochi giorni trascorsi col Collettivo, decidemmo di avviare: non più solo una raccolta di materiali di ricerca e archivio, bensì la realizzazione di un film documentario. La chiave per acquisire tale consapevolezza, per capire cioè che questa lotta chiamava in causa anche noi, ci venne offerta direttamente da coloro che stavamo conoscendo e intervistando. Fecero l’unica cosa che fra persone si può fare per comunicare realmente: mettersi nei panni dell’altro. I problemi legati al lavoro sono tutti diversi, in quanto particolari e specifici a seconda del settore e delle mansioni, ma sono anche tutti uguali, poiché parte dello stesso ordine sociale. Nella nostra fattispecie di operatori e autori dell’audiovisivo, i problemi del nostro settore – precarietà e individualismo – non solo danneggiano noi stessi ma, potendo inficiare la qualità del nostro lavoro, anche l’intera comunità. Sono cose che si sanno, ma che raramente poniamo come vettori delle nostre azioni; ma per realizzare questo film, come capimmo grazie alle persone del Collettivo, era indispensabile farlo.

Su queste basi motivazionali cominciammo così a organizzare le riprese in maniera più organica. Questo però non influì subito sul metodo di lavoro con cui avevamo cominciato a filmare. Entrare in sintonia con la lotta era stato quasi immediato, ma sapevamo che comprendere al meglio le dinamiche della stessa e le ragioni (pubbliche e private) delle persone coinvolte avrebbe richiesto più tempo. Tuttavia ritenemmo che un periodo di sola ricerca, cui far seguire un più canonico iter produttivo di scrittura e ritorno alle riprese, non fosse possibile in quella fase iniziale della lotta. La realtà era troppo veloce e noi non volevamo rinunciare né al racconto della vertenza in corso né all’approfondimento umano e individuale delle persone che ne erano coinvolte. Col nostro film volevamo restituire anche un racconto intimo della lotta: non l’intimità delle biografie personali di chi vi era coinvolto, bensì quella delle ragioni e dei singoli approcci con cui le persone si impegnavano nella mobilitazione. In ballo non vi era solamente la salvaguardia di una fabbrica, ma un modo alternativo di stare al mondo, dove la lotta fosse uno strumento d’azione sociale – per provare a incidere sulla storia, anziché subirla e basta – e al tempo stesso una forma di terapia personale con cui chiedersi con un’inedita franchezza: ma io come sto? Decidemmo così di continuare a filmare con una regia molto osservativa, ritraendo la quotidianità del presidio e le iniziative del Collettivo dentro e fuori la fabbrica e raccogliendo interviste che, ancor prima che al documentario, servissero a noi per capire al meglio la situazione e le persone. Ricerca e riprese dunque coincisero in questa prima fase lavorativa di circa tre mesi. 

Con l’ingresso nel progetto dell’Istituto Ernesto de Martino e soprattutto, alcune settimane dopo, dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico il nostro lavoro come autori poté compiere un chiaro passo in avanti verso gli obiettivi tematici e narrativi che ci eravamo posti con questo film. In parallelo alla regia osservativa con cui avevamo lavorato nei primi mesi, adottammo anche una regia più partecipativa. Assieme alle persone del presidio – operai, famiglie e solidali – cominciammo a filmare situazioni e ritratti personali che restituissero quell’intimità della lotta sopra descritta. Per noi era cruciale far capire ai futuri spettatori del nostro film quanto le persone coinvolte in questa lotta non fossero una sorta di guerriglieri innati per natura, bensì individui che avevano deciso di organizzarsi e agire assieme in risposta a una minaccia comune. Questo ci sembrava essere il modo più efficace sia per esprimere il nostro sguardo autoriale sulla vicenda e i suoi protagonisti, sia per contribuire col nostro lavoro alla causa del Collettivo di Fabbrica.

Col passare del tempo i due approcci registici, osservativo e partecipativo, si sono ibridati fra loro fino a diventare inscindibili. Il racconto della vertenza e della lotta non era distinguibile dall’approfondimento umano delle persone coinvolte; il primo avveniva attraverso lo sguardo dei suoi protagonisti, mentre il secondo si rifaceva sempre alla fase specifica della lotta in cui ci trovavamo di volta in volta. 

Dopo circa sette mesi dal nostro arrivo al presidio abbiamo ultimato le riprese. La vertenza delle lavoratrici e dei lavoratori del Collettivo di Fabbrica GKN non si è però ancora conclusa. Oltre a offrire un racconto delineato come fin qui abbiamo descritto, questo film documentario intende perciò instillare in chi lo guarderà la voglia, o meglio l’urgenza, di andare a scoprire ancor più in dettaglio cosa sia successo e stia succedendo in questa fabbrica di Campi Bisenzio da quel 9 luglio 2021 (ma anche prima), nonché chiedere a ogni spettatore: e tu come stai?