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TELESCOPE | racconti da lontano #195

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<strong>TELESCOPE | racconti da lontano #195</strong>

EDITORIALE

Il 20 febbraio 2024, tra due giorni, sarà il duecentesimo compleanno di Megalosaurus bucklandii, il primo dinosauro europeo descritto scientificamente: il 20 febbraio 1824 infatti, William Buckland (1784-1856), geologo, chimico, paleontologo, studioso geniale ed eccentrico ai limiti della follia, presenta alla Società Geologica di Londra un articolo in cui descrive i resti di un’enorme lucertola provenienti dalle cave di ardesia di Stonesfield, parte della collezione universitaria di Oxford. Nonostante fosse un fissista, ossia uno studioso convinto che l’Universo fosse stato creato in sei giorni, la Terra avesse al massimo 6.000 anni e i fossili appartenessero ad animali estinti durante il Diluvio Universale, Buckland aveva sviluppato sin da bambino un precoce interesse per la storia naturale, accompagnando il padre alla ricerca di fossili sulla costa di Lyme Regis, divenuta famosa per i ritrovamenti della paleontologa Mary Anning. Finì per studiare a Oxford, dove trascorse gran parte dell’esistenza, diventando un professore dallo stile popolare, accattivante e decisamente non convenzionale. “Cosa governa il mondo?” chiedeva agli studenti tenendo in mano il cranio di una iena e, alla sala silenziosa, rispondeva: “Lo stomaco, signore, governa il mondo. Il grande mangia il piccolo, e il piccolo quello che è ancora più piccolo“. Si, perché oltre che per il Megalosaurus, Buckland era famoso anche per la pratica della zoofagia attraverso la quale aveva deciso di identificare tutti gli animali commestibili al mondo: nella sua casa piena di fossili, minerali e animali che abitava con la moglie Mary Morland, naturalista e illustratrice, nove bambini e un serraglio di bestie libere, come un orso da compagnia, i suoi ospiti potevano vedersi servire topi in pastella, braciole di pantera, proboscide di elefante, arrosto di coccodrillo, pasticcio di rinoceronte, coscia di canguro. Tutto tranne la talpa e i mosconi azzurri, che trovava disgustosi. Siamo certi che per lui, che osò anche mangiare il cuore mummificato di re Luigi XIV sotto gli occhi inorriditi di Lord Harcourt che lo custodiva, deve essere stato frustrante non aver potuto assaggiare anche un dinosauro.

In questa centonovantacinquesima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata alle istituzioni e ai progetti culturali di cui siamo portavoce, tra i RACCONTI trovate un testo di Donatella Giordano, contributor e curatrice del podcast Monologhi al telefono di Artribune, dedicato all’ultima edizione di garage Bentivoglio che vede protagonista l’opera Ruinenlust di Agostino Iacurci; un estratto dal testo critico della curatrice Dominique Lora sulla mostra BACKSTAGE. Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena in corso al Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme; un testo dell’artista Jonathan Meese, protagonista della mostra A.R.T. IS TOTAL “FAMILY BUSINESS”! AGRIPPINA = ARTMOTHERZ, NERO = ARTSOLDIER (CÄSAREN – ROULETTE, NO PROBLEM, YEAH) alla galleria Tim Van Laere Gallery di Roma.

Tra i VIDEO condividiamo una breve immersione nella mostra TUTTE LE FOLLIE DI JAC!, in corso al MACTE Museo d’arte contemporanea di Termoli, e il servizio realizzato per la trasmissione Artbox di La7 sulla mostra David Lamelas. I Have to Think About It. Part II in corso alla Fondazione Antonio Dalle Nogare di Bolzano.

Gli EXTRA comprendono infine la proiezione di Life Chronicles of Dorothea Ïesj S.P.U. del collettivo ALMARE per celebrare il finissage della mostra HOPE a Museion di Bolzano; Squares do not (normally) appear in nature, l’installazione teatrale di OHT [Office for a Human Theatre] al Mart di Rovereto; e la presentazione alla stampa dell’undicesima edizione del Milano Design Film Festival.

Buona domenica e buona lettura!

Lo staff di Lara Facco P&C

#TeamLara

Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com

TELESCOPE. Racconti da lontano

Ideato e diretto da Lara Facco

Editoriale e testi a cura di Annalisa Inzana

Ricerca ed editing Camilla Capponi, Alberto Fabbiano, Martina Fornasaro, Andrea Gardenghi, Marianita Santarossa, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, Alessandro Ulleri, Margherita Villani, Marta Zanichelli, con la collaborazione di Margherita Animelli, Michela Colombo, Nicolò Fiammetti, Clara Fornaciari, Agata Miserere.

domenica 18 febbraio 2024

RACCONTI

Un teatro o una giostra? L’opera di Agostino Iacurci a Garage Bentivoglio, di Donatella Giordano

Bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi”, scriveva Friedrich Nietzsche. Il piccolo tempio di Agostino Iacurci realizzato per la vetrina di Garage Bentivoglio a Bologna sembra voler tradurre questa affermazione rivelandosi, al di là del vetro, come un’opera-dispositivo in grado di vagabondare tra passato e presente. Un complesso viaggio verso la luce dell’ispirazione che passa attraverso un articolato sistema di regole e che colora di giallo l’atmosfera intorno, diventando un prezioso scrigno di conoscenza. Il modello architettonico interpellato rievoca i concetti di armonia e perfezione ispirati all’antichità classica ma i colori vivaci e le campiture nette e geometriche creano un forte legame con l’innovazione creativa. Se da una parte si riconosce una struttura tridimensionale, dall’altra si percepisce la bidimensionalità dell’oggetto che, privato della sua proprietà di forma osservabile da tutti i lati, risponde ad altri stimoli visivi più vicini alla pittura. È interessante ritrovare, tra i dipinti e i disegni di Felice Giani esposti fino al 25 febbraio nella mostra allestita nei sotterranei del cinquecentesco Palazzo, la corrispondente forma abbozzata di un tempietto simile, incorniciato tra le altre decorazioni. I due artisti, uniti nel protendere per la pittura su grandi superfici architettoniche, condividono un modello mentale immaginativo, costituito da presupposti di simmetria, ritmo e proporzioni. Il titolo dell’opera, invece, sposta ancora il centro verso una dimensione esistenziale. Sul palcoscenico lo spettatore è l’unico protagonista di uno spettacolo che invita a riflettere sulla propria natura umana e sull’affascinante malinconia che i luoghi della storia consegnano alle generazioni future.

Crediti: Agostino Iacurci, Ruinenlust, 2024, garage BENTIVOGLIO | Palazzo Bentivoglio, Bologna.Foto Carlo Favero

La poetica dello sguardo nascosto, di Dominique Lora*

Un Nuova Poetica: La Fotografia di Scena. La fotografia, in termini di riproduzione della realtà associata a una visione documentaria, si sviluppa a partire dalla seconda metà del diciottesimo secolo, principalmente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia. Bisogna aspettare gli albori del Novecento perché inizi a divulgarsi in tutta Europa, portando all’affermazione di diversi generi che emergono soprattutto grazie alla collaborazione con altre forme espressive come le arti plastiche, la moda, il teatro e il cinematografo. Nel corso degli anni Venti, nasce così la figura del fotografo di scena, il cui ruolo è di registrare istantanee in parallelo con la produzione filmica per scopi promozionali (manifesti pubblicitari e locandine) e di archivio (immagini che registrano il processo strutturale che caratterizza la realizzazione di ogni film). Inizialmente la fotografia di scena si definisce quale specializzazione che vede attori e attrici presentati in pose apparentemente non studiate (seppur in set realizzati appositamente) e vengono spesso colti in atteggiamenti naturali durante le pause tra una scena e l’altra. La divulgazione e il successo di tali scatti ispira parallelamente la ricerca di artisti come Man Ray, Lee Miller, Nadar o Edward Steichen, per citarne alcuni, che guardano proprio alla neonata fotografia di scena per costruire un genere fotografico in cui arte, moda e teatro si contaminano a vicenda, per essere in seguito divulgate tramite esposizioni in gallerie d’arte e pubblicazioni di moda e di jet set come La revue du cinéma e Vogue. Si pensi ad esempio alla fotografia iconica Les larmes (Le lacrime) scattata da Man Ray nel 1932 e il cui intento apertamente pubblicitario era quello di invitare le donne a piangere o ridere alle lacrime al cinema o a teatro. In Francia, la collaborazione tra artisti fotografi con i grandi stilisti e disegnatori dell’epoca come Paul Poiret, Paul Iribe, Georges Lepape o Elsa Schiapparelli (ricordiamo la fotografia The Shoe Hat, sempre di Man Ray del 1937) e con registi teatrali come Sergej Djaghilev, danno la luce a una nuova espressione della camera oscura che trasforma i protagonisti del cinema in simboli di modernità (come dimenticare il ritratto di Gloria Swanson eseguito a New York da Edward Steichen nel 1924) e in seguito in veri e propri oggetti di culto che, grazie alle meraviglie della riproducibilità tecnica che definì l’inizio del ventesimo secolo, sono diffusi su grande scala. In Italia, la rivista Scenario creata da Silvio D’Amico e Nicola De Pirro nel 1932 dà inizio alla fotografia di scena come genere poetico. Si tratta di una rivista specializzata in cui fotografi di scena come Barzacchi, Civirani, Praturlon e Secchiaroli fanno conoscere l’universo del cinema e della fotografia di scena raccontando e rivelando dettagli e dinamiche sulla produzione dei set, conferendo in tal modo a questa nuova forma di rappresentazione una dignità e un significato inediti e del tutto contemporanei.

*estratto dal testo critico pubblicato nel catalogo della mostra Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena a cura di Dominique Lora, fino al 16 giugno 2024 al Museo Villa Bassi Rathgeb ad Abano Terme (PD).

Crediti: BACKSTAGE Installation views @ Museo Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme Ph. Marco De Scalzi Courtesy Museo Villa Bassi Rathgeb | Mimmo Cattarinich, Il regista Federico Fellini con Irina Maleeva, sul set di “Toby Dammit” terzo episodio del film “Tre Passi Nel Delirio”, 1968, Courtesy Associazione Culturale Mimmo Cattarinich | Mimmo Cattarinich, Il regista Franco Zeffirelli si improvvisa barbiere nel backstage del film “Fratello sole sorella luna”, 1972, Courtesy Associazione Culturale Mimmo Cattarinich

La Gesamtkunstwerk, di Jonathan Meese*

“Sono anche semplicemente un Cesare dell’arte, come tutti gli artisti, e mi pongo nello scenario e nel ruolo, come se fossi un giocatore in totale cosplay e le avventure fossero travestite. Nell’arte tutti i travestimenti e tutti i giochi di ruolo sono permessi, necessari e accettati, non c’è limite. L’arte è libertà totale, ci è permesso giocare con tutto, usare tutto e trasformare tutto. La censura dovrebbe essere vietata nell’arte. L’arte è libera e non è ideologia. L’arte non è il nostro gusto, l’arte è l’evoluzione, l’arte è la forza motrice del futuro. L’arte è ciò che è necessario fare, non le nostre opinioni politiche o religiose. L’arte non è stile di vita, l’arte è metabolismo totale. L’arte non è politica, l’arte non è religione. L’arte è potere totale senza forza e potenza ideologica. Abbiamo bisogno della Gesamtkunstwerk [opera d’arte totale] Europa, abbiamo bisogno della Gesamtkunstwerk pianeta Terra, abbiamo bisogno della Gesamtkunstwerk cosmo, della Gesamtkunstwerk universo, della Gesamtkunstwerk Big Bang e della Gesamtkunstwerk amore totale. L’arte dovrebbe governarci. L’arte è una guida totale dell’amore. L’arte distruggerà tutte le ideologie, l’arte è il paese delle meraviglie. L’arte conquisterà tutti. L’arte è futuro totale. L’arte è amore totale”.

*Testo dell’artista Jonathan Meese la cui mostra personale A.R.T. IS TOTAL “FAMILY BUSINESS”!, AGRIPPINA = ARTMOTHERZ, NERO = ARTSOLDIER (CÄSAREN – ROULETTE, NO PROBLEM, YEAH) è in corso fino al 27 aprile 2024 nella nuova sede della galleria Tim Van Laere Gallery a Roma.

Crediti: Jonathan Meese, A.R.T. IS TOTAL “FAMILY-BUSINESS”!, AGRIPPINA=ARTMOTHERZ, NERO=ARTSOLDIER, (CÄSAREN-ROULETTE, NO PROBLEM, YEAH), Courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp-Rome

VIDEO

Ultimi giorni per Jac!

Fino al 24 febbraio 2024 è ancora possibile visitare la mostra TUTTE LE FOLLIE DI JAC!, a cura di Luca Raffaelli, che il MACTE Museo d’arte contemporanea di Termoli ha dedicato al grande fumettista italiano Jacovitti nell’anno del centenario della sua nascita. La mostra, di cui vi offriamo un breve video, parte di un progetto più ampio dal titolo Jacovittissimevolmente realizzato insieme al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, fa capitombolare lo spettatore nel mondo animato e dinamico inventato dall’artista, Benito Franco Giuseppe Jacovitti (Termoli, 1923 ­­– Roma ,1997), che esordisce giovanissimo come autore di fumetti, per poi diventare un importante nome di riferimento del Novecento. Dal suo pennino e le sue tavole sono usciti personaggi divenuti parte dell’immaginario popolare, da Cocco Bill a Zorry Kid, da Jack Mandolino a Tom Ficcanaso, che hanno accompagnato per decenni appassionati di ogni età. Un progetto espositivo da non perdere, che ancora oggi rivela tutta la contemporaneità e la freschezza di un innegabile genio creativo!

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Crediti immagine: TUTTE LE FOLLIE DI JAC! Installation view @ MACTE, Termoli. Foto © Gianluca Di Ioia. Courtesy MACTE

Salutare Lamelas con una performance

In occasione dell’ultimo giorno di apertura della mostra David Lamelas. I Have to Think About It. Part II – di cui vi offriamo il servizio tv realizzato per la trasmissione Artbox di La7 – sabato 24 febbraio alle ore 11.00 la Fondazione Antonio Dalle Nogare in collaborazione con Zënza Sëida – Biennale Gherdëina, presenta presso la stazione sciistica di Monte Pana la reiterazione di Time (1970-2024), opera performativa dell’artista. Insieme alla performance, una conversazione dal titolo Arrivederci, David: continuiamo a pensarci su con l’artista, i curatori Andrea Viliani ed Eva Brioschi, e il pubblico partecipante, celebra il finissage dell’esposizione. Durante la performance i partecipanti si dispongono in fila e sono chiamati a comunicare, a intervalli di un minuto, l’ora esatta alla persona che gli si trova accanto. La prima volta Time fu eseguita nel 1970 a Les Arcs sulle Alpi francesi, su invito del critico d’arte e filosofo francese Pierre Restany.

Per partecipare alla performance è necessario iscriversi qui. I posti sono limitati.

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Crediti immagine: David Lamelas, Time, 1970. Club des Montagnes de l’Arc for International Week, Savoie, France. Courtesy the artist and Jan Mot, Brussels

Crediti video: David Lamelas. I Have to Think About It. Part II, 2023. Produzione 3D Produzione. Courtesy Fondazione Antonio Dalle Nogare

EXTRA

Un film, un talk e due performance per il finissage di Hope

Il video ambientato in una società immaginaria Life Chronicles of Dorothea Ïesj S.P.U. del collettivo ALMARE, di cui un estratto è esposto nella mostra HOPE in corso a Museiondi Bolzano fino al 25 febbraio, racconta le avventure della ricercatrice Dorothea Ïesj che, grazie a una tecnologia chiamata ECHO, analizza le onde sonore incise nei secoli su ogni superficie.

Ispirato alle teorie pseudo-scientifiche sviluppate nell’Ottocento accanto alla tecnologia di registrazione, e in particolare all’archeoacustica che ipotizzava la possibilità di rintracciare suoni del passato nella materia, il film indaga il legame tra capitalismo dei dati, tecnologia e creazione di valore, riflettendo sull’uso di archivi e memoria come strumenti di controllo. Venerdì 23 febbraio, per ricordare gli ultimi giorni di apertura della mostra, il museo presenta la proiezione integrale dell’opera dalle 19.00, introdotta da un talk con il collettivo ALMARE e Radio Papesse, un live set dell’artista e producer inglese Rian Treanor, e dj set del duo torinese VIBRISSE a conclusione della serata.

I colori di Albers

Il 23 febbraio, OHT [Office for a Human Theatre] presenta Squares do not (normally) appear in nature, l’installazione teatrale che dopo dieci anni torna al museo Mart di Rovereto. Squares è una serie di esperimenti visivi e sonori in uno spazio senza attori il cui protagonista assoluto è il colore, e nasce dagli studi di Josef Albers (1888 – 1976), pittore, teorico del colore e insegnante alla Bauhaus, al Black Mountain College e alla Yale University. Partendo dall’osservazione di un dipinto dell’artista esposto nelle Collezioni del museo, OHT e l’Area educazione del Mart inviteranno il pubblico a partecipare a una coinvolgente esperienza percettiva: dopo un approfondimento sull’opera di Albers, i partecipanti verranno coinvolti nello spettacolo a conclusione del quale il regista, Filippo Andreatta, li guiderà alla scoperta della macchina scenica. Lo spettacolo si svolgerà il 23 febbraio alle 18.00. Partecipazione gratuita con prenotazione scrivendo a education@mart.tn.it o telefonando al numero 0464.454108. Progetto realizzato nell’ambito di The Floor is yours, co-finanziato dall’Unione Europea.

Crediti immagine: Ph. Giacomo Bianco

Undicesima edizione di Milano Design Film Festival

Mercoledì 21 febbraio alle ore 11.30 presso l’Auditorium (Via Moscova 18, Milano), Cristiana Perrella Direttrice Artistica di Milano Design Film Festival presenta l’undicesima edizione della manifestazione che dal 2013 racconta, attraverso il cinema nelle sue varie forme, le concezioni più contemporanee del design e dell’architettura italiani e internazionali. Abitando le sedi di Triennale Milano, Anteo Palazzo del Cinema, Fondazione dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, dal 6 al 10 marzo il Festival presenta un programma che comprende proiezioni di lungometraggi, cortometraggi, animazioni, fiction e video d’arte, per offrire al suo pubblico, che nel corso delle varie edizioni è diventato sempre più ampio, una lettura del design da prospettive inedite. Per partecipare alla conferenza stampa iscriviti qui!