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Sacco e Vanzetti giustiziati sulla sedia elettrica

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Sacco e Vanzetti giustiziati sulla sedia elettrica

Il 23 agosto 1927 gli immigrati anarchici italiani Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, condannati a morte con l’accusa poi rivelatasi infondata di omicidio, vengono giustiziati sulla sedia elettrica a Charleston negli Stati Uniti.

Sacco era un calzolaio e un guardiano notturno, nato il 22 aprile 1891 a Torremaggiore, provincia di Foggia in Puglia, che emigrò negli Stati Uniti all’età di diciassette anni. Prima di emigrare, secondo una lettera inviata durante la prigionia, Sacco lavorava nella vigna del padre, dormendo spesso nei campi di notte per impedire agli animali di distruggere i raccolti. Vanzetti era un pescivendolo nato l’11 giugno 1888 a Villafalletto, provincia di Cuneo, in Piemonte. Entrambi lasciarono l’Italia per gli Stati Uniti nel 1908, anche se non si incontrarono fino allo sciopero del 1917.

Nicola Sacco viaggiava sulla motonave «Romanic» verso gli Stati Uniti d’America e giunge a Boston il 12 aprile del 1909; Bartolomeo Vanzetti, invece, raggiunge New York su La Provence il 19 giugno 1908, quando ha vent’anni; i due non si conoscono. Vanzetti, al processo, descriverà così l’esperienza dell’immigrazione: “Al centro immigrazione ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America“. Poi, in seguito scriverà: “Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era per me come la Terra Promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me“. Nel 1916 Sacco e Vanzetti si conobbero ed entrarono entrambi a far parte di un gruppo anarchico di italoamericani. Allo scoppio della Grande Guerra, tutto il collettivo fuggì in Messico per evitare la chiamata alle armi, poiché per un anarchico non vi era niente di peggio che uccidere o morire per uno Stato. Nicola e Bartolomeo fecero ritorno nel Massachusetts al termine del conflitto, non sapendo però di essere stati inclusi in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, così come di essere pedinati dagli agenti segreti statunitensi. Nella stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo, originario dell’isola di Pantelleria. Questi, il 3 maggio del 1920, fu trovato sfracellato al suolo alla base del grattacielo di New York dove al quattordicesimo piano aveva sede il Boi (Bureau of Investigation), dove Salsedo era tenuto illegalmente prigioniero ormai da lungo tempo, insieme a Roberto Elia.

Vanzetti organizzò un comizio, su invito di Carlo Tresca, per protestare contro la vicenda, comizio che avrebbe dovuto avere luogo a Brockton il 9 maggio, ma insieme a Sacco fu arrestato prima, perché trovati in possesso di una rivoltella e di una pistola semiautomatica (con relative munizioni) e Vanzetti di alcuni appunti da destinarsi alla tipografia per l’annuncio del comizio di Brockton. Pochi giorni dopo furono accusati anche di una rapina avvenuta a South Braintree, un sobborgo di Boston, poche settimane prima del loro arresto; in tale occasione erano stati uccisi a colpi di pistola il cassiere della ditta (il calzaturificio Slater and Morrill), Frederick Albert Parmenter, e una guardia giurata, Alessandro Berardelli.

Alla base del verdetto di condanna, da parte di polizia, procuratori distrettuali, giudice e giuria vi furono pregiudizi e una forte volontà di perseguire una politica del terrore suggerita dal ministro della giustizia Palmer e culminata nella vicenda delle espulsioni. Sotto questo aspetto, Sacco e Vanzetti erano considerati due agnelli sacrificali, utili per testare la nuova linea di condotta contro gli avversari del governo. Erano immigrati italiani con una comprensione imperfetta della lingua inglese; erano inoltre note le loro idee politiche radicali. Il giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due bastardi anarchici. Il governatore del Massachusetts Alvan T. Fuller, che avrebbe potuto impedire l’esecuzione, rifiutò infine di farlo, dopo che un’apposita commissione da lui istituita per riesaminare il caso riaffermò le motivazioni della sentenza di condanna.

Sacco e Vanzetti si ritenevano vittime del pregiudizio sociale e politico. Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l’ultima volta al giudice Thayer:

«Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste creature ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano […] se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già

Molti famosi intellettuali, compresi George Bernard Shaw, Bertrand Russell, Albert Einstein, Dorothy Parker, Edna St. Vincent Millay, John Dewey, John Dos Passos, Upton Sinclair, H. G. Wells e Arturo Giovannitti (il quale fu protagonista di un caso simile) sostennero a favore di Nick e Bart (come venivano chiamati) una campagna per giungere a un nuovo processo. Perfino il premio Nobel francese Anatole France invocò la loro liberazione sulle pagine del periodico Nation, paragonando l’ingiustizia da loro subita a quella di Alfred Dreyfus. Purtroppo tutte queste iniziative non produssero alcun risultato rilevante per la grazia dei due condannati. Il 23 agosto 1927 alle ore 00:19, dopo sette anni di udienze, i due uomini vennero uccisi sulla sedia elettrica a distanza di sette minuti l’uno dall’altro (prima toccò a Sacco, poi a Vanzetti)

Il 23 agosto 1977, esattamente 50 anni dopo l’esecuzione, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis emanò un proclama che assolveva i due uomini dal crimine, affermando: «Io dichiaro che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti». Questa dichiarazione non significò però il riconoscimento dell’innocenza dei due italiani (negli ultimi cento anni, nessun condannato a morte statunitense è stato riabilitato dopo l’esecuzione).

Immagine d’apertura: manifestazioni di protesta contro la condanna a morte di Sacco e Vanzetti

Bibliografia e fonti varie