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Claudio Gentile ai vertici del Partito liberale italiano

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Claudio Gentile ai vertici del Partito liberale italiano

Claudio GentileClaudio Gentile, pratese di 52 anni e segretario provinciale del Pli, presiede il partito a livello regionale. Membro della Direzione nazionale dello stesso Partito liberale, da poche settimane fa parte del neonato ufficio di segreteria nazionale. Consulente aziendale, ha la passione per l’equitazione, l’ippica e la Juventus. Ama esplorare ogni angolo della Toscana, anche da punto vista dell’enogastronomia tipica.

È di recente entrato nella segreteria del partito che, in autunno, riunirà il Consiglio nazionale. Di questo passo, farà il segretario?

«Solo se una larga parte del partito me lo chiedesse. Anche se il primo vero step è voler ridare a un partito antico uno spazio autonomo».

Qual è oggi il ruolo del Pli?

«Il partito vive in una situazione marginale. Abbiamo un senatore e un deputato eletti con le liste della Lega. Dobbiamo renderci autonomi con le nostre forze e non limitarci a cercare rappresentatività tramite le alleanze. In sostanza, bisogna cercare di restituire al partito un suo spazio autonomo».

Quali sono le questioni che le stanno maggiormente a cuore?

«Ritengo che l’argomento all’ordine del giorno sia la questione dell’immigrazione. Il fatto che ci troviamo in una situazione economica spiacevole ha innescato una guerra tra poveri, talvolta istigata dall’esterno. Ci sono italiani poveri come gli stranieri. Capita che gli italiani si sentano spesso scavalcati nel loro accesso al welfare, mentre si ritrovano senza lavoro e con poche speranze».

Secondo lei, l’Italia è un Paese per giovani, visto che molti cercano lavoro all’estero?

«Ritengo che l’Italia sia capace di trovare risorse per chi ha terminato l’università o la scuola superiore. È importante ritrovare la capacità di puntare allo sviluppo. Al giorno d’oggi, è più facile far lavorare chi non si assume. È importante dare spazio maggiore a chi ha conoscenze o competenze tali da poter lavorare in certi settori, anche perché il numero di laureati in Italia è molto basso rispetto ad altri Paesi europei. In America studiare dà certezza, si viene cercati una volta terminati gli studi. Qui ci si deve accontentare di svolgere lavori non inerenti agli studi che si sono fatti».

Della situazione di Prato cosa pensa?

«Prato sta attraversando un declino rispetto agli anni in cui era la capitale del tessile. Ci sono errori che non vanno perdonati agli imprenditori pratesi. In tempi ancora recenti, venivano fatte lavorare persone di etnia cinese per i prezzi bassi che praticavano. Questo faceva comodo all’imprenditore di turno. Ora la situazione si è ribaltata rispetto a quel periodo. Il settore delle confezioni, per esempio, è adesso in mano ai cinesi che hanno voluto riscattarsi. È facile dare la colpa ai politici, ma la verità è che c’è stata una miopia generale anche da chi ha contribuito a rendere grande questa città».

Il tema, dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, è caldo. Da dirigente nazionale di un partito che porta con sé la storia del pensiero liberale, che cosa pensa di mancate vere liberalizzazioni e dei monopoli ancora esistenti così come della volontà di alcuni di procedere alla nazionalizzazione delle autostrade?

«C’è un nodo di fondo. Non ha senso dare in concessione infrastrutture dove non c’è effettiva concorrenza. Una volta nazionalizzate, le grandi infrastrutture vengono date in mano a soggetti privati senza che venga meno una gestione monopolistica. Dei monopoli, i liberali sono avversari. E gli stessi monopoli ci piacciono ancora meno se il soggetto privato ne fa un utilizzo sbagliato, senza garanzia né sufficiente manutenzione. Con il crollo del ponte Morandi, ci sono state 43 vittime, ma poteva andare peggio, potevano essercene molte di più. Non bisogna dare in appalto a privati il controllo delle infrastrutture senza garanzia di sicurezza».

Ilaria Baldini

 

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