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Equorea

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<em><strong>Equorea</strong></em>

BUILDINGBOXpresenta Equorea(di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora)
a cura di Giulia Bortoluzzi  Dal 7 gennaio 2023 al 9 gennaio 2024, 12 artisti in 12 mesi indagano il tema dell’acquacon installazioni site-specific scandite secondo il calendario lunare. Prossimi appuntamenti Michele Guido | 7 marzo – 5 aprile  Elena Mazzi | 6 aprile – 4 maggio Silvia Mariotti | 5 maggio – 2 giugnoGaspare | 3 giugno – 3 luglio  BUILDINGBOX via Monte di Pietà 23, 20121 Milano Visibile 24/7

(di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora)

a cura di Giulia Bortoluzzi

BUILDINGBOX presenta fino al 9 gennaio 2024 Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora), un progetto espositivo a cura di Giulia Bortoluzzi, che coinvolge dodici artisti contemporanei italiani chiamati a dialogare sul tema dell’acqua con altrettanti interventi site-specific presentati in dodici appuntamenti individuali a cadenza mensile. Seguendo idealmente l’andamento ciclico delle maree vive (che si verificano mensilmente quando Luna, Terra e Sole sono astronomicamente allineati fra loro), ad ogni luna piena BUILDINGBOX accoglie nel corso del 2023 i progetti di: Ludovico Bomben (Pordenone, 1982), Jaya Cozzani (Mumbai/Kanchipuram, 1982),  Barbara De Ponti (Milano, 1975), Gaspare (Terlizzi, 1983), Michele Guido (Aradeo, 1976), Silvia Mariotti (Fano, 1980), Fabio Marullo (Catania, 1973), Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984), Ignazio Mortellaro (Palermo, 1978), Fabio Roncato (Rimini, 1982), Michele Spanghero (Gorizia, 1979), Virginia Zanetti (Fiesole, 1981).   Il titolo rimanda alla poesia Falsetto (1923) di Eugenio Montale, raccolta in Ossi di Seppia (1925), dove l’autore, presentando il personaggio di Esterina come una “equorea creatura”, parla del mare come della vita e della meraviglia di vivere senza preoccupazioni per il futuro: “L’acqua è la forza che ti tempra, nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi”. L’immagine di Montale è rappresentativa della consuetudine umana di associare l’acqua all’esistenza. Mircea Eliade nel suo Trattato di Storia delle Religioni (1949) la descrive come la totalità delle “virtualità”, la matrice di tutte le possibilità di vita, fondamento del mondo intero. Gli interventi di Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora) sono concepiti come site-specific (in alcuni casi inediti e in altri rielaborazioni di ricerche formalizzate in precedenza) e assumono l’acqua a emblema di ogni elemento naturale e più in generale come forma di vita e di possibilità di creazione. Tematica che non solo è fonte di fascinazione e ispirazione, ma genera anche una particolare riflessione verso scenari futuri. La vita di tutti gli organismi sulla Terra dipende, infatti, dalla presenza di acqua e si trasforma secondo le sue mutazioni esaurendosi al suo deperimento.   L’origine dell’acqua sul nostro pianeta non ha ancora trovato una spiegazione scientifica certa; generata dalla frantumazione di comete o meteoriti precipitate dallo spazio o da esplosioni vulcaniche in tempi antichissimi, la sua presenza risale nell’immaginario collettivo al momento mitologico della creazione che racchiude idealmente l’esistenza possibile di ogni cosa. Il suo è un tempo lunghissimo, la cui comprensione ci sfugge e che possiamo solo provare a immaginare, ad esempio osservando le immagini che la natura ha conservato attraverso milioni di anni, come nel caso dei fossili all’interno delle Argille azzurre, oggetto d’indagine nell’intervento di Barbara De Ponti (Milano, 1975) che apre il ciclo espositivo nel mese di gennaio. Per aiutarci a immaginare questo tempo antico della Terra e l’origine dei composti nei loro processi di formazione e mutamento, possiamo scavare nei luoghi della biologia, della micologia e dell’entomologia osservando i fenomeni della vita che governano gli esseri viventi.Lo studio degli organismi e il tentativo di coglierne le forme nei processi di trasformazione è al centro della pratica di Fabio Marullo (Catania, 1973) che presenta il proprio intervento nel mese di febbraio. La natura delle specie sulla Terra non è però da darsi per scontata, come nel caso di piccoli animali a forma di sacca che vivono in colonie molto grandi e che, fissando il calcare dell’acqua, costruiscono uno scheletro minerale collettivo che si ramifica: i coralli, rosso vivo.Michele Guido (Lecce, 1976), nel mese di marzo, si concentra sul fenomeno di sbiancamento globale di questi organismi che rischiano di scomparire a causa delle emissioni di CO2 che dall’aria si riversano negli oceani alterandone il ph. L’attualità interessa anche l’intervento di Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984), che nel mese di aprile rifletterà sulle più recenti evoluzioni politico-commerciali innescate dai cambiamenti climatici, nello specifico sulla nuova rotta commerciale che si sta delineando in Artico con lo scioglimento dei ghiacciai e che connette Europa, Russia e Cina, la Polar Silk Road, o “via polare della seta”.  Sebbene la ricerca in superficie dei nuovi flussi di spostamento sia oggetto di vigile esplorazione, è invece convinzione che l’uomo sia riuscito a esplorare solo il 5% del fondo oceanico e che il restante 95% resti ancora un mistero. Il progetto che Silvia Mariotti (Fano, 1980) presenterà nel mese di maggio nasce proprio da suggestioni legate all’ignoto e che nella sua ricerca fotografica si manifestano nel processo di trasformazione e nel passaggio da un’immagine latente a quella definitiva.  Questa idea di metamorfosi caratterizzerà anche nel mese di giugno l’installazione di Gaspare (Terlizzi, 1983), che nel suo caso si manifesterà nel ciclo di cambiamento di stato tra gli elementi. È la materia che parla nel suo distruggersi e rigenerarsi, secondo quell’antico pensiero che risale a Eraclito e che riteneva il fuoco come l’agente trasformatore primordiale dal quale si genera l’acqua e, che a sua volta fa nascere la terra e che nuovamente, in un ciclo eterno, si trasforma in fuoco.  
Per il progetto Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora) presentato all’interno di BUILDINGBOX, Michele Guido interviene presentando alcune fotografie macroscopiche tratte da living coral garden project − realizzate nel 2019 presso il laboratorio Ascione di Torre del Greco, in provincia di Napoli − rappresentanti porzioni di coralli privi di colore, alternate a lastre di vetro e pellicole adesive della cromia che originariamente apparteneva a quella specie di animali e che l’azienda PANTONE aveva registrato. Dioscoride, botanico greco del I secolo d. C., diceva che il corallo fosse un vegetale, ma che appena si toccava, si materializzasse in pietra. Solo nel XVIII secolo, si scoprì la vera natura del corallo rosso appartenente alla classe degli Antozoi chiamati “fiori animali”. Si tratta di piccoli animali a forma di sacca che vivono in colonie molto grandi e che, fissando il calcare dell’acqua, costruiscono uno scheletro minerale collettivo che si ramifica. L’ossido di ferro contenuto nell’acqua dona loro una colorazione che va dal “sangue di bue” al “rosso vivo” e al “rosso rosa”. Oggi lo sbiancamento globale di massa dei coralli è sempre più frequente e, negli ultimi cinquant’anni, circa il 40% di questi esemplari è scomparso a causa del riscaldamento globale e delle enormi quantità di CO2 presenti nell’aria, che si riversano nelle acque alterando il ph degli oceani. Per preservarne la memoria, nel 2019 l’azienda PANTONE ha ideato una gamma di colori “living coral” registrando una serie di tonalità di coralli che forse non vedremo più. 6 aprile – 4 maggio 2023 Elena Mazzi
Elena Mazzi, Studio per POLAR SILK ROAD (MAP 1), 2023arazzo, cotone e viscosa225 x 140 cmPer il progetto Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora) presentato all’interno di BUILDINGBOX, Elena Mazzi espone il nuovo arazzo POLAR SILK ROAD (MAP 1) – tecnica sperimentata nel 2019 con la prima opera di questa ricerca, intitolata Snow Dragon – realizzato a partire da un antico cartamodello che si rifà a movimenti, rotte e traiettorie possibili e sovrapposte, all’interno del quale sono state alternate campionature di acque e ghiaccio in movimento, quale è l’Artico. Dall’inizio della vita sulla Terra, le vie dell’acqua interessano la vita vegetale e animale. Con la crescita e lo sviluppo dei commerci, il loro valore simbolico e strategico ha assunto significati contestualmente sempre più complessi, non più solo di sussistenza primaria ma anche d’importanza geopolitica. A partire dallo studio delle più recenti evoluzioni politico-commerciali innescate dai cambiamenti climatici, Elena Mazzi ha sviluppato una ricerca sulle nuove rotte commerciali ai Poli, nello specifico sulla Polar Silk Road, la cosiddetta “via polare della seta”. Questa nuova rotta commerciale che si sta delineando in Artico con lo scioglimento dei ghiacciai e che connette Europa, Russia e Cina si sviluppa come una “rotta del nord” alternativa rispetto a quelle marittime tradizionali, sfruttando il sottosuolo dei mari artici, che contengono il 20% delle risorse globali del Pianeta, tra le quali petrolio, gas, uranio, oro, platino e zinco.  Con il progetto POLAR SILK ROAD (MAP 1), Mazzi analizza il complesso intreccio tra economia, geopolitica, ecologia e mobilità all’interno delle regioni artiche maggiormente interessate dalle trasformazioni infrastrutturali e politiche legate alla Via Polare della Seta. Dal 2021 l’artista realizza collage in tecnica mista che, partendo da antiche mappe, definiscono i nuovi spazi geopolitici ed economici nelle regioni artiche.   5 maggio – 2 giugno 2023 Silvia MariottiSilvia Mariotti, Drowning Light, 2022-2023stampa inkjet su carta cotone e dibond, cornice in ottone patinato, carta da parati, neondimensioni variabili 
Per il progetto Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora) presentato all’interno di BUILDINGBOX, Silvia Mariotti allestisce un’opera fotografica del progetto Drowning Light sopra il fondo stampato su carta da parati di un’immagine che testimonia un momento precedente nello sviluppo dello stesso soggetto. L’opera è circondata da una costellazione di neon che rappresentano segni di luce, riproducendo idealmente il riverbero della superficie specchiante dell’acqua; come un’estensione dell’immagine stessa, questi riflessi fuoriescono dallo spazio circoscritto della cornice rifrangendosi sull’area circostante e creando disegni luminosi che sembrano pian piano dissolversi nell’ambiente, fino a lasciare fievoli reminiscenze.   Si dice che gli umani siano riusciti a esplorare solo il 5% del fondo oceanico, mentre il restante 95% è ancora un mistero. Nella mitologia e nelle culture antiche gli abissi inesplorati del Pianeta sono fonte di fascinazione, rappresentando anche una dimensione onirica e latente. Caratteristica che, a partire dal Novecento, la psicoanalisi utilizza per identificare la parte inconscia del pensiero.  Il progetto fotografico di Silvia Mariotti, Drowning Light, nasce dall’osservazione del processo di formazione di alcune cianotipie, realizzate con elementi naturali o ritagli d’immagini che riproducono a loro volta elementi vegetali. La tecnica cianotipica si basa sull’impressione che le forme degli oggetti lasciano sul supporto, grazie all’esposizione solare e all’intervento di una soluzione chimica. Mariotti si concentra sul processo di trasformazione e sul passaggio da un’immagine latente a quella definitiva, creando una sorta di simulacro; tale passaggio è fissato dalla macchina fotografica durante la fase di sviluppo, nel momento in cui la soluzione chimica si distacca e dissolve con il movimento dell’acqua. Le immagini restituiscono quindi un processo fotografico attraverso la fotografia stessa, creando una sorta di cortocircuito del processo indicale e generando immagini ambigue che trasformano un processo meccanico in una suggestione d’indefinita natura che genera visioni di mondi subacquei.  Questi “giochi nell’acqua” sono tracce di piccoli universi che a loro volta narrano storie o celano misteri. Gli elementi vegetali che fluttuano all’interno delle immagini sono come suggerimenti, indizi o memorie, nascosti in ipotetici fondali o chissà dove, che aprono a luoghi non perlustrati o rivendicano un passato lontano, un istante del presente o distopie visionarie, fino a sfiorare la sfera più introspettiva e imperscrutabile dell’inconscio.   3 giugno – 3 luglio 2023 Gaspare Gaspare, Corpus Vitrearum (dettaglio)2012vetro, cenere, acqua, pigmenti, tappo in legno e sughero, colla, inchiostrodimensioni variabili Per il progetto Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora) presentato all’interno di BUILDINGBOX, Gaspare allestisce un insieme di ampolle del proprio Corpus Vitrearum, immagine di metamorfosi e del ciclico rinnovarsi di stato dei corpi nella loro frammentazione e, metaforicamente, anche della propria pratica artistica.  Distruzione e rigenerazione. Il pensiero filosofico sviluppatosi attorno ai frammenti di Eraclito riteneva che il fuoco fosse l’agente trasformatore primordiale dal quale si genera l’acqua, che a sua volta fa nascere la terra e che nuovamente, in un ciclo eterno, si trasforma in fuoco. Anche se l’origine dell’acqua sul pianeta Terra rimane sconosciuta, è la nostra stella, il Sole, che garantisce la sua presenza sulla superficie terrestre. È ancora l’aumento della temperatura dell’acqua che per ebollizione o sublimazione innesca il passaggio dallo stato liquido, o solido, allo stato aeriforme del vapore. Con Corpus Vitrearum Gaspare evoca il ciclo di cambiamento di stato tra gli elementi, cogliendo in particolare il momento di trasformazione della materia generato dal calore, dalla combustione. Mentre realizzava alcuni lavori su tela o su carta, sempre ottenuti “stratificando” materiali neri eterogenei quali tempera, china, acrilico, carbone, l’artista ha conservato l’acqua coloratasi di nero durante la prassi operativa e ha bruciato il proprio lavoro. Raccolta quindi sia l’acqua “nera” sia la cenere di ogni opera ha racchiuso i materiali in una bottiglia di vetro sigillando e firmando il tappo. Ogni vetro contiene un’altra opera d’arte, a simboleggiare il tentativo di distruggere e rinnovare la materia, il tempo e la memoria. Sintesi del processo e del residuo dell’opera, il liquido ha una diversa consistenza e composizione a seconda dei materiali usati per creare il lavoro originario.