Non fa così freddo (Maria Teresa Frasseti)

«Non fa così freddo». Non è vero. Fa freddo, si, molto freddo. Ma, se nascondo il viso nella sciarpa e occulto interamente le mani nelle tasche del mio cappotto, se i miei occhi semichiusi sono rivolti a terra e i miei piedi sono in una posizione scomposta, non è per la temperatura glaciale di questo gennaio innevato e implacabile.
Continuo a ripetermelo mentalmente come se fosse una formula magica e potesse cancellare all’improvviso i ricordi, il senso di colpa, la vergogna indicibile che provo, la sensazione insopportabile di essere sporca, contaminata, cambiata. «No, non fa poi così freddo. Parole unite l’una all’altra, per dire non è così terribile, a tutto c’è un rimedio, sei ancora viva, con il tempo riuscirai a dimenticare quello che ti hanno fatto, non hai nessuna responsabilità, non c’era modo di evitarlo, non devi piangere, no, ti prego,non farlo, non cedere, se spezzi la corazza che ti protegge nulla ti potrà preservare dalla sensazione acuta e penetrante del dolore interiore, molto più insopportabile di quello fisico».
Alla mia sinistra c’è l’ultimo gradino di una scala malridotta che conduce alla porta, ormai rimossa dai suoi cardini, di una casa disabitata da lungo tempo. E’ qui che è successo. No, no. Non è accaduto davvero, se continuo a stare immobile così, senza muovermi, i flashback che mi tornano in mente e mi mozzano il respiro si riveleranno solo fotogrammi falsi, prodotti dalla mia immaginazione troppo fervida. Comincio a dondolarmi sulle gambe, questo movimento ritmico mi aiuterà a combattere la consapevolezza che si insinua dentro di me, subdola e strisciante. Sulla destra il mio arco visivo ristretto lo vede. Quell’unico uovo dal guscio ormai incrinato, caduto dalla busta della spesa che è finita qualche passo più in là, quando mi hanno strattonata per farmi stendere sulla scala.
I miei abiti, i miei capelli, sono puliti. Ho spazzato via la neve da entrambi, quando sono riuscita a rialzarmi da quell’orribile scala ed è da allora che sono qui, afflitta e senza vita come una bambola priva di ingranaggi, una marionetta grottesca e malinconica.
Ho provato a gridare, ma questo vicolo è buio, deserto, perciò mi hanno trascinata qui dopo avermi costretta a seguirli, minacciandomi di farmi del male. Ma il male me l’hanno fatto lo stesso.
Nulla sarà mai più come prima. La mia vita da adolescente immatura, fiduciosa negli altri e nel mondo, la mia esistenza di prima, monotona, rassicurante, caotica, felice, non tornerà, mai più. Ho varcato il confine della terra di Nessuno.
«No, non fa poi così freddo».

Maria Teresa Frasseti

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