Ore 4.03, l’urlo

Non sono mai stata brava in matematica, ma i numeri di quella notte li ho stampati nella testa e nel cuore in maniera indelebile e scavano ogni volta, dentro ad una ferita profonda che mi ha segnato l’anima.

Quella notte alle 4.03 di una qualsiasi domenica di maggio, la madre terra si è arrabbiata ed è improvvisamente scoppiata in un boato di ira che nessun figlio potrà mai dimenticare.

Ho mille immagini nella mia testa e se chiudo gli occhi riesco a rivedere ogni fotogramma di quei momenti, passarmi davanti al rallentatore e allo stesso tempo, le stesse immagini si sovrappongono, creando un vortice confuso di dolore e rabbia. In quel vortice non riesco più a distinguere alcun suono, alcun contorno. I volti delle persone mi appaiono sfuocati mentre le pareti della mia stanza perdono consistenza. Il rombo che ruppe il silenzio quella sera, mi è rimasto nelle orecchie come un sibilo continuo, eterno. Lì a ricordarmi quell’istante e a lasciare impressa nella mia mente quella sensazione di impotenza che anche oggi a distanza di dieci anni accompagna quasi come una pena da espiare.

Antonietta Cantiello

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