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Disincanto e orrore delle armi nei racconti di William Styron

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Disincanto e orrore delle armi nei racconti di William Styron

Raccolti in un unico volume curato da Gigliola Nocera, nelle traduzioni di Floriana Bossi e Laura De Palma, i racconti di guerra dello scrittore americano William Styron (1925-2006), conosciuto per lunghi romanzi collocati nel filone letterario del sud degli Stati Uniti. Due su tutti: Le confessioni di Nat Turner (1967) romanzo storico sulla rievocazione di una rivolta di schiavi in Virginia di inizio ‘800 e La scelta di Sophie, dove alle contraddizioni e lacerazioni legate alla tematica razziale si somma l’eredità tragica dei campi di stermino nazisti.

Apre la raccolta il romanzo breve La lunga marcia, racconto di una marcia forzata a cui vengono sottoposti dei riservisti in una campo di addestramento, a seguito di un incidente in cui , per un colpo di mortaio sparato incautamente, avevano perso la vita 8 ragazzi in fila per il rancio. Styron descrive, senza trascurare il minimo dettaglio, i resti dei corpi dei ragazzi dilaniati a cui l’esplosione ha tolto ogni parvenza di umanità, e in una logica disumana precipita l’intera vicenda narrata, con la marcia che avrebbe dovuto rieducare i riservisti e farli trovare pronti per la guerra di Corea e che invece porterà ulteriori immotivate sofferenze.

In tempo di guerra la vista della morte è una cosa scontata, contro cui ci si premunisce e che a un certo punto si finisce per accettare o quantomeno per ignorare, così come si ignora un mendicante, un raffreddore o un problema sociale

La lunga marcia

«A mio modesto avviso – scrisse lo scrittore Norman Mailer in una lettera al collega e amico William Styron – le migliori ottanta pagine scritte da un americano dalla fine della guerra».

Seguono i 5 racconti, pubblicati nel volume postumo The suicide run: Five Tales of the Marine Corps (2009), tra questi Blankenship, ambientato in una prigione militare, dove Styron fa vedere come la stupidità insita nei regolamenti militari faccia le sue vittime predilette proprio tra coloro che sarebbero dei “buoni marine” a tutti gli effetti, e La casa di mio padre, nucleo di un romanzo mai ultimato sul ritorno a casa e sulla nuova vita di un congedato, tra le cui semplici gioie il palparsi braccia e gambe, consapevole che migliaia di reduci come lui le braccia e le gambe non le hanno più.

La lunga Marcia. La corsa suicida di William Styron, Oscar Mondadori 2017.

Lorenzo Mercatanti