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 se tocca uno, tocca tutti!

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<strong> se tocca uno, tocca tutti!</strong>

 Dal sindaco Biffoni e dai confederali nessuna solidarietà ai lavoratori aggrediti

PRESA DI POSIZIONE DEL SOCIAL FORUM DI PRATO

L’aggressione ed il pestaggio a lavoratori sindacalizzati, a cui va la nostra piena solidarietà, rappresenta un crimine infame e socialmente pericoloso, che getta ulteriore vergogna sul modello di arricchimento, che ha incancrenito il territorio, perciò ancora più 

da condannare fermamente.

In poche settimane addirittura quattro raid da parte di squadracce organizzate, uno stillicidio che fa ripiombare Prato indietro di cent’anni. 

Non bastava l’omicidio per profitto di una giovane operaia tessile, Luana D’Orazio, a far aprire gli occhi della società civile, delle istituzioni e delle parti sociali, per prendere provvedimenti di fronte a questa deriva capitalista disumana.

Allora si scrisse di un territorio ‘distretto fra sfruttamento e morti sul lavoro’ , dal ricatto letale della precarietà e dell’esercito di riserva, passando per lo sfruttamento di dipendenti senza tutele e poi all’intimidazione, nel silenzio reticente delle stesse autorità, chiamate in teoria a rappresentare una Repubblica “fondata sul lavoro”.

Spesso invece le stesse autorità risultano più solerti nel rivendicare il monopolio della forza, cercando di esercitare il primato della repressione sulle vertenze lavorative, anche prima che intervengano i picchiatori privati.

Dalle dichiarazioni odierne del sindaco Biffoni è poi evidente l’insinuazione di una certa corresponsabilità del sindacato di base, rispolverando una criminalizzazione del dissenso, che pare un’illazione del tutto distorta, da respingere perciò al mittente; e che fa il paio con il supposto “diritto allo shopping”, che lo stesso dichiarava di voler prediligere nel centro storico nel 2020 durante una manifestazione contro i decreti Salvini.

Anche i sindacati confederali, lungi da esprimere solidarietà ai lavoratori del SiCobas, ripropongono in chiave rassegnata un protocollo archiviato appena dopo la sua presentazione, senza nessun risultato, se non l’instancabile tentativo di rilancio di una concertazione ormai passata di grazia.

Quando poi si parla di Prato come di un laboratorio sociale in cui avremmo potuto sperimentare politiche di inclusione e di convivenza, un tempo avevamo in testa soprattutto il lavoro, motivo e strumento massimo di integrazione.

Oggi invece ci siamo tappati gli occhi su una realtà di sfruttamento e caporalato, accettando un modello retrogrado e remunerativo per pochi, ossequioso soltanto nei confronti dei più facoltosi.

Siamo di fronte ad istituzioni o parti sociali alienate da bisogni e rivendicazioni della classe lavoratrice, la cui debolezza sindacale, accertata anche nella scarsa capacità di riscattare uno stipendio dignitoso, tanto da sottoscrivere contratti ben al di sotto del salario minimo, proprio come quello siglato anche dalla UIL al Panificio Toscano; e che si rispecchia nella crescente difficoltà di contrattazione con un padronato sempre più ingordo e predatorio.

Al SiCobas va invece il merito di aver smascherato in modo plateale un sistema di sfruttamento strisciante, alimentato da soprusi, rassegnazione, connivenze e posizioni di rendita. Al contrario il sindacato di base ha ridato voce e protagonismo ai lavoratori, rilanciando una coscienza di contrattazione da troppo tempo assopita nel consociativismo quasi corporativo a Prato.

Non reggono più nemmeno i tentativi di derubricare il conflitto sociale ad una questione di ordine pubblico, o peggio ad una questione etnica, il ritornello prediletto delle destre razziste, per censurare il riscatto di diritti e reddito.

Una narrazione tossica che non possiamo permetterci, perché finisce per frammentare ancora di più lavoratrici e lavoratori in base alla provenienza, rendendo perciò così tutte e tutti più divisi e ricattabili.

Dobbiamo cambiare registro e soprattutto registi, perché tutti quanti si sono dimostrati non all’altezza della situazione.

Perciò vogliamo continuare a sostenere le vertenze e mobilitare l’opinione pubblica, perché fintanto che un lavoratore o una lavoratrice saranno ricattati, saremo tutti sfruttabili.

 Perché o ci si salva insieme o siamo tutte vittime di questa sistema iniquo. E allora se tocc