TELESCOPE | racconti da lontano #185

EDITORIALE

Era nata nel 1805 a Sanandaj, in quella che oggi è la provincia iraniana del Kurdistan, in una famiglia nobile e benestante e, al contrario di quasi tutte le sue coetanee, cui non era permesso accedere alle maktabkhaneh (le scuole tradizionali), aveva imparato da suo padre a leggere e scrivere in curdo, arabo e persiano. Oggi di Mah Sharaf Khanom Mastoureh Ardalan, conosciuta semplicemente come Mastura Ardalan, ci restano due libri sulla dinastia curda degli Ardalan, un libro sulla legge religiosa islamica, e (purtroppo) solo 2000 degli oltre 20.000 versi che scrisse in curdo e persiano, e in cui, contro tutte le norme del tempo, esprime apertamente la sua femminilità e i suoi sentimenti. La storia di Mastura, prima donna islamica a occuparsi di storiografia e giurisprudenza, espressione di uno spirito di rivolta contro le norme culturali patriarcali dell’Iran del XIX secolo, è oggi considerata un esempio, tanto da essere celebrata con monumenti pubblici, l’ultimo a Erbil nel 2005 a duecento anni dalla sua nascita. Costretta all’esilio nel 1834 dopo la morte dell’amato consorte Khasraw Khan Ardalan, principe di Sanandaj, si trasferisce a Sulaymaniyah, oggi capoluogo del Kurdistan iracheno, dove muore nel 1848.

Ogni giorno in una località nei dintorni di questa città, nei secoli culla di cultura e casa di poeti, scrittori, storici, politici, intellettuali e cantanti, una donna si sveglia di buonora, fa colazione, e indossa una giacca antiproiettile che arriva fino a metà gambe, dei guanti imbottiti, scarponi speciali e un casco che le copre completamente la testa fin sotto il mento: si chiama Hawraz e fa parte della squadra di un’organizzazione che, dal 1992, opera per bonificare il territorio iracheno – uno dei più contaminati al mondo – da mine e bombe inesplose di passati conflitti: un lavoro fisico, che letteralmente metro per metro, riconsegna la terra all’agricoltura, alla pastorizia, alla vita degli abitanti di villaggi e città, evitando che ogni giorno circa 13 persone muoiano per aver messo il piede nel punto sbagliato. Hawraz faceva l’insegnante, e di certo ha avuto qualche difficoltà a far capire alla famiglia il perché della sua scelta, ma il suo lavoro fa davvero la differenza e meriterebbe un monumento, tanto quanto quello della poetessa che parlava d’amore, quando le donne non potevano studiare.

In questa centottantacinquesima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata alle istituzioni e ai progetti culturali di cui siamo portavoce, tra i RACCONTI trovate un testo della giornalista culturale Micol De Pas sul docufilm Valerio Adami, il pittore di poesie proiettato alla Fondazione Marconi a Milano; un estratto dal testo del curatore Riccardo Caldura sul focus ORDITI DELLA RAZIONALITÀ negli spazi dell’ex Sagrestia della Nuova Sant’Agnese a Padova sede di Fondazione Alberto Peruzzo; e infine un testo del curatore Federico Giani sulla mostra Shaping Negation alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano.

Tra i VIDEO vi presentiamo quello della mostra Sara Enrico. Tainted Lovers alle OGR Torino e un reel di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino dedicato alla mostra André Kertész. L’opera 1912-1982.

Tra gli EXTRA segnaliamo la presentazione del programma 2024 di Museion di Bolzano; il primo Episodio della terza stagione di FOROF a Roma all’interno della mostra di Augustas Serapinas BALTIC ADVENTURE; e l’incontro con lo storico Alessandro Barbero organizzato da Festivaletteratura di Mantova.

Buona lettura!

Lo staff di Lara Facco P&C

#TeamLara

Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com

TELESCOPE. Racconti da lontano

Ideato e diretto da Lara Facco

Editoriale e testi a cura di Annalisa Inzana

Ricerca ed editing Camilla Capponi, Alberto Fabbiano, Martina Fornasaro, Marianita Santarossa, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, Alessandro Ulleri, Carlotta Verrone, con la collaborazione di Margherita Animelli, Maria Ester Candido, Michela Colombo, Nicolò Fiammetti, Andrea Gardenghi, Agata Miserere, Margherita Villani, Victoria Weston e Marta Zanichelli.

domenica 3 dicembre 2023


RACCONTI

Valerio Adami, il pittore di poesie, di Micol De Pas*

Disegnare poesie significa tante cose. Molte di queste sono entrate nel documentario dedicato a Valerio Adami, pittore poetico e filosofico che nella sua lunga carriera ha raccontato chi siamo. Noi, ma anche se stesso. Quel tratto nero, spesso, a circondare i colori, acrilici pieni in accostamenti spesso inattesi, delimita figure che ci hanno costruito, con cui continuiamo a fare i conti o che entrano nel nostro immaginario e tratteggiano i nostri sogni. Il sogno, in effetti, per Adami è come l’atto del disegnare: si fa e basta. E mentre disegna, Adami è il disegno stesso, ci entra dentro come si fa con i sogni: senza mediazioni. Ci sarà un dopo, un tempo della veglia, per provare a interpretarlo quel sogno/disegno, oppure anche solo per vedere che cosa è stato fatto in quel tempo sospeso.

Così lo ritrae il regista Matteo Mavero (1), che è entrato, insieme alla giornalista e scrittrice Serena Savardi (2), a casa di Valerio Adami con l’idea di realizzare un docufilm. Nasce così Valerio Adami, il pittore di poesie, un ritratto parsimonioso quanto intenso, delicato quanto penetrante, del pittore bolognese, di casa a Parigi o sul lago Maggiore. A raccontarsi è proprio lui, Adami, con i suoi silenzi e il suo sguardo attento sulla tela o sul foglio, mentre ritrae Richard Wagner con un pastello a cera color cobalto. La mano si muove sul foglio a un ritmo che fa pensare al crescendo della musica del compositore tedesco. E poi una pausa – d’un tratto – per sentire come “suona” quel disegno. «La pittura è un viaggio nello sconosciuto, in qualcosa che non si conosce, che nasce proprio perché la tua mano si muove», spiega il pittore, «La mano pensa, il braccio pensa e il tutto viene dal movimento del proprio cuore». Che non fa mai a meno dell’ironia. La ricerca è nel tratto, capace di definire la scena, in interni o esterni sempre altamente simbolici, come a confezionare cartoline dall’onirico, firmate dall’inconscio. Combaciano con la poesia? Forse. Senz’altro, come dice Maurizio Ferraris, filosofo dell’Università di Torino e uno dei narratori nel film, quello è l’alfabeto di Adami, con cui compone parole, versi, favole visive.

E poi c’è lui, Valerio Adami, con i suoi foltissimi capelli bianchi, gli occhiali tondi, la pipa e quegli occhi vivi, sempre intenti a osservare il mondo, le persone, il suo bassotto (Ego, di nome). Ci sono i viaggi (linfa vitale), la moglie Camilla (l’amore, cui è dedicato il film), gli amici, le feste, gli altri artisti, le macchine (per correre!). E ci sono le sue parole, quasi esatte nel dire il suo fare pittorico. Doloroso, anche: «Ogni volta che si termina un’opera, bene o male che sia, è come scrollarsi di dosso un peso ma nel dovere di ricominciare, si è più disperati di prima».

(1) (2) Matteo Mavero e Serena Savardi sono i fondatori di Artery, un player che si occupa di parlare di arte e moda in maniera immersiva, grazie anche al supporto del Ministero dei Beni Culturali.

*testo redatto a seguito della proiezione in anteprima del docufilm Valerio Adami, il pittore di poesie mercoledì 8 novembre 2023 alla Fondazione Marconi di Milano

Crediti: Valerio Adami, il pittore di poesie. 2023 Artery Film. Still da video / Valerio Adami, il pittore di poesie. 2023 Artery Film. Still da video / Proiezione Valerio Adami, il pittore di poesie. Artery Film. 8/11/2023 @ Fondazione Marconi


Orditi della razionalità, di Riccardo Caldura*

Emanciparsi dalla descrizione del mondo e concentrarsi invece su quel che compete alla struttura stessa dell’immagine visiva è un lungo processo che ha attraversato l’intero secolo scorso e che non smette di coinvolgere anche la ricerca artistica più recente. Un processo di riduzione formale che si è concentrato sugli elementi costitutivi della rappresentazione artistica: linee, colori, elementari forme geometriche, rispetto della superficie bidimensionale rinunciando a ogni artificio descrittivo (prospettiva) in grado di rappresentare una realtà ‘esterna’. Quel che sembra essere un processo di astrazione si configura soprattutto come attenzione rivolta agli elementi strutturali interni all’operare di discipline canoniche quali, primariamente, la pittura poi la scultura, anche in considerazione di quanto stava avvenendo con lo sviluppo di un’architettura improntata al razionalismo e alla conseguente diffusione dell’international style, e le evidenti ricadute nel design di ambienti quanto nella produzione di oggetti di uso comune. Rimanendo nell’ambito pittorico è come se la trama e l’ordito del supporto tessile venissero assunti consapevolmente quali prototipi della griglia ordinativa che prelude ad ogni successiva operatività: la matrice ortogonale. Il senso stesso della progettazione, anche in ambito artistico, assume una notevole rilevanza; la composizione dell’opera è meditata, presume un controllo delle procedure esecutive, e una chiarezza di intenti sul risultato da ottenere.

Da queste condizioni operative deriva una trasmissibilità e comunicabilità delle procedure medesime, come se l’arte intendesse giocare a carte scoperte e producesse una specifica didattica. Il che implica, e non potrebbe essere diversamente, una diversa concezione della figura dell’artista il quale non esita a confrontarsi con materiali eteronomi alla tradizione artistica, di produzione industriale, e con le innovazioni tecnologiche. Lo stesso rapporto fra arte e tecnica non viene più concepito negativamente, smentendo ogni luogo comune sull’arte da intendere come espressione eminentemente soggettiva e individuale, come ‘romantica’ insondabilità. Qualcosa riguarda piuttosto, nel confronto fra arte e tecnica, un diverso approccio alla razionalità, nel rispetto dei reciproci ambiti, ma non più una contrapposizione, così come altro è il rapporto che può generarsi fra funzionalità tecnica e attività artistica non più da intendere, kantianamente, ‘senza scopo’. Assume rilevanza la fattiva relazione con lo spettatore e con il pubblico che diventano elementi essenziali, letteralmente fattori d’arte, in grado di contribuire alla stessa ridefinizione dell’arte e dell’operare artistico, aprendo anche ad una migliore comprensione dell’interazione percettiva. “Lo strano potere della griglia” (Krauss), testimonia di una capacità di adattamento delle procedure ordinative dell’immagine a periodi, movimenti e contesti diversi, continuando a suscitare riflessioni e spinte verso ulteriori ricerche che toccano gli ambiti dell’immaginazione tecnologica di spazi virtuali (dalle installazioni, ai video giochi alla produzione cinematografica sci-fi).

*estratto dal testo critico per il focus ORDITI DELLA RAZIONALITÀ a cura di Riccardo Caldura ospitato fino al 3 marzo 2024 negli spazi dell’ex Sagrestia della Nuova Sant’Agnese a Padova sede della Fondazione Alberto Peruzzo

Crediti: Installation view. Orditi della razionalità. Fondazione Alberto Peruzzo. Foto © Ugo Carmeni 2023


Shaping Negation alla Fondazione Arnaldo Pomodoro, di Federico Giani*

Shaping Negation – La forma negativa (1970) è il film sperimentale girato e firmato a sei mani da Arnaldo Pomodoro, Francesco Leonetti e Ugo Mulas con il quale si chiude la mostra in corso in Fondazione Arnaldo Pomodoro fino al 17 dicembre 2023, La negazione della forma. Arnaldo Pomodoro tra minimalismo e controcultura, mostra che riaprirà poi dal 13 gennaio al 19 maggio 2024.

Proiettato tra il 1970 e il 1972 in diverse Università e musei americani – tra i quali i MoMA di New York – e in alcune rassegne italiane di cinema underground e d’arte, Shaping Negation è un lavoro collettivo in cui i tre amici – lo scultore, il letterato e il fotografo – si confrontano con linguaggi e mezzi espressivi per loro nuovi e inediti, a prescindere da competenze e ruoli prefissati, in piena libertà inventiva e con l’intento di creare immagini corrispondenti ai motivi teorici del film.

Ambientato tutto a Milano – tra alcune vie e piazze della città e lo Studio di Pomodoro – il film, dichiaratamente autoironico, parla “delle sculture di Arnaldo Pomodoro del periodo 1968/70 e della condizione dell’intellettuale-artista nella nostra epoca dell’arte merce”. I suoi autori lo presentano come un film “marxista e nuovo”, che tratta il suo soggetto – l’artista, il suo modus operandi, il sistema dell’arte… – in chiave anti-documentaristica, con un fine profondamente critico. Memorabile, e del tutto finzionale, la sequenza nella quale Pomodoro realizza alcune sculture disegnando con un pastello nero sulla superfice di un volume pieno, a simulare un procedimento “a levare”, inverosimile per la realizzazione delle sue sculture. Senza dover cercare troppo lontano, qualcosa di simile lo aveva già fatto Lucio Fontana nel 1964, inscenando – per gli iconici scatti di Mulas – un procedimento di realizzazione delle celeberrime Attese che corrisponde all’immaginario del pubblico più che alla realtà dei fatti. Se, da un lato, Shaping Negation riassume bene i tratti salienti del lavoro e della vita di Pomodoro tra il 1966 e il 1970, dall’altro mostra anche chiaramente le avvisaglie di una nuova e più drammatica stagione, simboleggiata nel film dalla Colonna intera recisa, opera che inaugura la ricerca sul “disequilibrio. Ma del disequilibrio in atto: a dare un contrasto completo con ogni staticità o con qualunque “ordine” raggiunto o prevedibile per noi. […] Come dire: sento oggi un enorme e maestoso movimento di crollo (che è tale, enorme e maestoso, nel movimento in sé, nel movimento che viene impresso, non nella roba che crolla)”. Sono ormai cominciati gli anni della cosiddetta “strategia della tensione”, innescata a Milano dalla strage di Piazza Fontana, alla quale erano seguiti l’omicidio di Giuseppe Pinelli e il processo per diffamazione a Pio Baldelli, direttore di “Lotta Continua”. E proprio attorno a questi fatti ruoterà il racconto di Processo politico (1971), un film scritto e diretto da Leonetti, prodotto con la supervisione di Pomodoro e la collaborazione di altri amici del mondo dell’arte, come Gianfranco Pardi, Giuseppe Spagnulo e Carla Cerati… ma questa è un’altra storia.

*adattamento al testo introduttivo alla mostra La negazione della forma. Arnaldo Pomodoro tra minimalismo e controcultura, ospitata fino al 17 dicembre 2023 negli spazi dello studio del Maestro Arnaldo Pomodoro alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano.

Crediti: 1-4 Open Studio#2 LA NEGAZIONE DELLA FORMA. Arnaldo Pomodoro tra minimalismo e controcultura. Installation view Foto Carlos&Dario Tettamanzi. Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro / 5. Shaping Negation. La forma negativa, Arnaldo Pomodoro, Francesco Leonetti e Ugo Mulas, 1970 – Courtesy Fondazione Arnaldo Pomodoro e Archivio Ugo Mulas, Milano


VIDEO

Familiare e inquietante

In questo video Samuele Piazza Senior Curator delle OGR Torino e curatore della mostra Sara Enrico. Tainted Lovers, fino al 10 dicembre nel Binario 2 delle OGR Torino, descrivendo le sculture dell’artista piemontese parla di perdita di verticalità della figura umana: rendendo da un lato “famigliari” le sculture antropomorfe esposte, e dall’altro in qualche modo inquietanti. Con il suo lavoro Sara Enrico approfondisce il rapporto tra spazio e corpo, tra pelle e ambiente costruito, nella mostra alle OGR Torino ha avuto la possibilità di lavorare con grande libertà, sviluppando una ricerca già avviata, di cui abbiamo avuto un primo esempio all’edizione 2022 della Biennale d’Arte di Venezia. Nelle sculture dell’artista il calco e la materia collaborano, le forme sono generate da una reazione tra i materiali che si attraggono e respingono e, nella penombra del Binario 2 delle OGR Torino sembrano costituire un’unica grande coreografia. In questo video un breve racconto visivo dell’esposizione.

GUARDA

Crediti video: Sara Enrico, Tainted Lovers, OGR Torino, 2023. Produzione: 3D Produzioni. Courtesy OGR Torino

Crediti immagine: Sara Enrico, Tainted Lovers, installation view at OGR Torino, 2023. Ph. Andrea Rossetti for OGR Torino. Courtesy OGR Torino


Sotto il pelo dell’acqua

Nel 1915 André Kertész parte per la Grande Guerra. Resta ferito sul fronte orientale e passa nove mesi ricoverato in ospedale dove, con la sua inseparabile macchina fotografica, realizza una delle sue immagini più famose, quella di un uomo che nuota sott’acqua in una piscina. L’artista racconta dello stupore del nuotatore, quando realizza di essere oggetto dell’attenzione del fotografo, ma anche della totale fascinazione che provava per l’effetto di distorsione operato dell’acqua. La fotografia, unica rimasta di questa serie, fa parte della grande antologica André Kertész. L’opera 1912-1982 a cura di Matthieu Rivallin, responsabile del Dipartimento di fotografia della MPP (Médiathèque du patrimoine et de la photographie) di Parigi, e di Walter Guadagnini direttore artistico di CAMERA, in corso fino al 4 febbraio 2024 a Torino da CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia.

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Crediti immagine: André Kertész, Uomo che nuota sott’acqua, 1917, © Donation André Kertész, Ministère de la Culture (France), Médiathèque du patrimoine et de la photographie, diffusion RMN-GP


EXTRA

Buoni propositi per il 2024

Se nel 2023, che volge ormai alla fine, Museion ha avuto come obiettivo principale quello di creare spazi di comunità, capaci di generare identità per guardare al futuro con speranza, per il 2024 non smetterà di porsi domande fondamentali per definire sempre più la tradizione da cui si proviene e il presente che si desidera costruire. Con le mostre e le attività previste per il prossimo anno, l’istituzione di Bolzano continuerà a stimolare un confronto critico con il proprio patrimonio storico e il dialogo con e tra giovani artiste e artisti. “Al centro del programma – dice il Direttore Bart van der Heide – con un’attenzione sia regionale che internazionale, troviamo forme sostenibili di coproduzione, costruzione di comunità e solidarietà”.

Alla luce di queste considerazioni sarà quanto mai interessante ascoltare il contenuto del programma 2024 dell’istituzione, che verrà presentato lunedì 4 dicembre alle ore 11.00 a Museion, Bolzano e mercoledì 6 dicembre alle ore 11.00 a Milano alla Casa degli Artisti.

Crediti: © Luca Guadagnini


Scolpire il fango

Anche per la sua terza stagione culturale FOROF – progetto fondato da Giovanna Caruso Fendi e dedicato al dialogo tra arte contemporanea e archeologia – dopo aver inaugurato la mostra di Augustas Serapinas BALTIC ADVENTURE, a cura di Ilaria Gianni, acuta e poetica riflessione sugli effetti provocati dall’instabilità climatica, presenta il primo di cinque Episodi che nel corso dei prossimi mesi attiveranno la mostra e lo spazio, amplificando il messaggio dell’esposizione. Martedì 5 dicembre dalle ore 19.00 alle ore 21.00, l’artista guiderà il laboratorio partecipativo Mudballs: Hands-on Experience with Augustas Serapinas in cui il pubblico, dopo una visita alla mostra con la curatrice, verrà coinvolto in una sessione di lavoro per esplorare il mondo dei Mudmen, figure in paglia e fango, simili a pupazzi di neve, che abitano il sito archeologico della Basilica Ulpia. Partecipa anche tu!

Crediti: Augustas Serapinas, BALTIC ADVENTURE, 2023. Installation view @ FOROF, Roma ph Monkeys Video Lab


Parliamo di America

Sono ormai molti anni che lo storico, scrittore e divulgatore scientifico Alessandro Barbero, medievalista ed esperto di storia militare, accompagna il suo pubblico con podcast, incontri e conferenze, alla scoperta della Storia, riuscendo ad appassionarlo a fatti di un passato più o meno lontano. Ma anche la sua attività narrativa annovera una lunga serie di memorabili romanzi storici, tra cui Brick for stone (Sellerio), con cui torna a quel fatidico 11 settembre 2001 che ha segnato per sempre la nostra epoca e i nostri immaginari. Sarà proprio quest’ultimo romanzo a fare da innesco, mercoledì 6 dicembre alle 18.30 presso il Teatro Sociale di Mantova, a un appassionante dialogo tra l’autore e il giornalista Roberto Festa in una serata che apre ufficialmente la campagna di tesseramento 2024 all’Associazione Filofestival sostenitrice di Festivaletteratura.

Crediti: Courtesy Festivaletteratura