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TELESCOPE | racconti da lontano #198

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TELESCOPE | racconti da lontano #198

EDITORIALE

Alla fine degli anni Trenta alla periferia di LA, Kenny Graeme Howard (1929-1992) comincia a intervenire graficamente su carrozzerie di auto e moto con una tecnica e uno stile che contribuiranno alla nascita della Kustom Kulture, piccola ma fondamentale parte dell’ecosistema culturale underground. Negli Stati Uniti, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la sterminata produzione di automobili, una diffusa ricchezza e la ricerca da parte dei giovani di un’estetica identitaria, che il cinema intercetta con film come Il Selvaggio (1953), Gioventù Bruciata (1955), Hot Road Rumble (1957), fa sì che molti abbiano automobili da personalizzare (da qui il termine kustom) e su cui sperimentare graficamente. In questo contesto Howard, diventato famoso come Von Dutch, si fa notare per la tecnica innovativa del pinstriping e uno stile inconfondibile: tra i suoi disegni, il più famoso è certamente il Flying Eyeball, che diventa il suo logo e, ancora oggi, è uno dei soggetti più amati da grafici e poster artist di tutto il mondo.

Ma non è la prima volta che un artista sceglie l’occhio alato come simbolo: in un ritratto di Leon Battista Alberti fatto da Giorgio Vasari nel 1540, tra i capelli dell’architetto, scrittore, matematico, umanista, filosofo, tra le figure più poliedriche del Rinascimento, troviamo proprio l’occhio alato, scelto da Alberti come simbolo personale. Pur facendolo risalire all’iconografia egizia di Horus, simbolo di prosperità, potere, buona salute, questo occhio lo troviamo anche nel Trattato di Architettura (1464) di Filarete, nel dipinto Œil ballon (1878) di Odilon Redon, nelle scenografie di Io ti salverò (1945) di Alfred Hitchcock disegnate da Salvador Dalì, nel muro di cinta di uno dei sette teatri de La Scarzuola (1958 – 78) del visionario architetto Tomaso Buzzi, dietro il quale inizialmente doveva essere adibito il suo studio.

Howard aveva una visione mistica dell’arte: per lui era un mezzo per raggiungere una consapevolezza superiore: per lui nothing is original, e tutto ciò che realizziamo è già presente nel nostro subconscio, dobbiamo solamente lasciarlo uscire. Se l’occhio alato vuol dire qualcosa, sarebbe bello che fosse questo. Di certo, tutti gli artisti citati sarebbero d’accordo.

In questa centonovantottesima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata alle istituzioni e ai progetti culturali di cui siamo portavoce, tra i RACCONTI trovate un contributo di Francesca Orsi, giornalista e critica fotografica, sulla mostra Michele Pellegrino. Fotografie 1967-2023 in corso da CAMERA Centro Italiano per la Fotografia di Torino; un testo di Donatella Giordano, contributor e curatrice della rubrica in podcast Monologhi al Telefono di Artribune, sulla mostra Barricades di Mario Trimarchi alla Galleria Antonia Jannone Disegni di Architettura a Milano, e un estratto dal testo di Paola Nicolin, Direttrice XNL Arte a Piacenza e curatrice del ciclo di mostre Sul Guardare, di cui sono in corso al museo l’Atto II e Atto III con opere di Berlinde de Bruyckere, Carol Rama, Giovanni Angelo Del Maino e Andrea Sala.

Tra i VIDEO proponiamo un teaser della mostra Walter Albini. Il talento, lo stilista alla Fondazione Museo del Tessuto di Prato, e un video dedicato all’asta Libri Antichi e Rari di Cambi Casa d’Aste.

Gli EXTRA comprendono l’installazione della scultura di Henry Moore Guerriero con scudo sulla Terrazza di Saturno di Palazzo Vecchio e la mostra di André Butzer Liebe, Glaube und Hoffnung al Museo Novecento di Firenze; la mostra Poetry in the box. Un omaggio alla storia del Mercato del Sale e a Ugo Carrega negli spazi di Museion Passage e Piccolo Museion – Cubo Garutti a Bolzano; e il progetto espositivo Ersilia. Praticare l’altrove negli spazi del MACTE Museo d’Arte Contemporanea di Termoli.

Buona domenica e buona lettura!

Lo staff di Lara Facco P&C

#TeamLara

Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com

TELESCOPE. Racconti da lontano

Ideato e diretto da Lara Facco

Editoriale e testi a cura di Annalisa Inzana

Ricerca ed editing Camilla Capponi, Alberto Fabbiano, Martina Fornasaro, Andrea Gardenghi, Marianita Santarossa, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, Alessandro Ulleri, Margherita Villani, Marta Zanichelli, con la collaborazione di Margherita Animelli, Michela Colombo, Rossella De Toma, Nicolò Fiammetti, Clara Fornaciari, Sofia Gemelli, Agata Miserere.

domenica 10 marzo 2024

RACCONTI

MICHELE PELLEGRINO. OLTRE LE VETTE, di Francesca Orsi

Nel 1975 Marina Malabotti, fotografa che documentava l’uomo e il territorio con un approccio antropologico ed etnografico concentrandosi soprattutto sulle tradizioni e i riti del Meridione, produsse la serie fotografica La condizione femminile e infantile in Calabria: un matrimonio, in cui raccontava il momento dello sposalizio di una ragazza ad Accaria, in provincia di Catanzaro, indagandolo dal punto di vista fenomenologico. Malabotti ritrasse il rito del matrimonio come un processo in fasi: la vestizione della sposa, in camera da letto, prima di indossare l’abito nuziale e dopo averlo indossato; il corteo di parenti e amici che l’accompagnano in chiesa, con in testa il fotografo di “scena”; l’incontro degli sposi; un bambino che, in chiesa, tra la folla degli invitati, le suggerisce, sollevando l’indice della mano, di non fare rumore; l’auto degli sposi rivestita da nastri e coccarde. Malabotti cercava di immortalare il concetto di memoria, le usanze, i costumi, e lo faceva documentando l’individuo nelle sue mille sfaccettature, per scandagliarlo al meglio, ma sempre con un trasporto che di scientifico aveva poco. Poesia, delicatezza, vicinanza, sono questi i sentimenti che scaturiscono guardando le immagini prodotte durante le sue campagne di indagine. In parte, ci si ritrova a provare gli stessi sentimenti anche per il corpus di opere di un altro fotografo, Michele Pellegrino, che si dedicò a raccontare, nella seconda metà del Novecento, con la stessa visceralità antropologica ed etnografica di Maramotti, la sua terra, il cuneese, le montagne a lui care o le Langhe piemontesi. Ora esposta da CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, la mostra Michele Pellegrino. Fotografie 1967-2023, fino al 14 aprile, a cura di Barbara Bergaglio, è un viaggio cadenzato dallo sguardo dell’autore, partecipe ed empatico, che non si sofferma solo e unicamente su cime innevate e una natura evocativa, ma anche in quei riti di cui l’uomo ha, fin da tempi immemori, amato punteggiare la propria vita. Così Pellegrino ci racconta del tema della clausura, entrando nei conventi italiani e francesi e, proseguendo nel percorso espositivo, ci si ritrova davanti alla narrazione per immagini di altri sposalizi. Non è più l’indagine fenomenologica della Malabotti, anche perché Pellegrino, in quelle occasioni era il fotografo di “scena”, ma la ragazza con l’abito bianco, all’interno della camera da letto, attorniata da damigelle e confidenti, ce la ricorda moltissimo, forse per l’ambientazione domestica, per la presenza di specchi riflettenti, per quel senso di partecipazione emozionale che rende il matrimonio di due persone un evento comunitario. Malabotti e Pellegrino sono riusciti a esprimere lo stesso concetto in due immagini, apparentemente, diverse, ma simbolicamente affini. Anche la loro narrazione risulta apparentemente diversa, ma simbolicamente affine, in entrambi i casi tesa a raccontare un territorio e l’uomo che lo abitava con uno sguardo amorevole e umanamente partecipe.

Crediti: Installation views della mostra “Michele Pellegrino. Fotografie 1967-2023” a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia. Fotografie di Andrea Guermani

Guida etica tra campi dorati e disegni in bianco e nero, di Donatella Giordano

Provengono da narrative arcaiche le piccole strutture di Mario Trimarchi esposte alla Galleria Antonia Jannone di Milano. Oggetti di varia natura sembrano disporsi seguendo una logica che armonizza spazi e volumi. Le composizioni suggeriscono il senso del moto, ma sono bloccate in una condizione di equilibrio statico che riflette sulle forze attive e sull’energia potenziale. L’artista sceglie di esplorare il concetto di “barricata”, riconoscendovi un simbolo contemporaneo che rappresenta la necessità di prendere una posizione. In questo groviglio di cristalli, legni, metalli e pietre si inerpicano piccole tensioni che coincidono nel baricentro delle intese tra individuo, ambiente, risorse primarie e innovazioni. Un richiamo alla consapevolezza, tradotto in china su carta nei disegni esposti a parete. L’allestimento delle opere bidimensionali scandisce l’inerzia del tempo che permea l’atmosfera della materia, riflettendo sul rapporto dell’uomo con le cose. Alcuni schizzi e bozzetti fissano l’immagine immediata e riflettono sul progetto, delineando una sequenza di avvenimenti. Appare ricorrente, nel disegno e nella scultura, l’uso della pietra, integra o scheggiata, che rimanda ai primi progetti fabbricati dagli homini durante il Paleolitico. L’utensile, testimone silente di cicli cosmici, sposta il fulcro sulla memoria, celebrando una storia millenaria da salvaguardare e trasmettere. Abile architetto, designer e grafico, Trimarchi, siciliano di origine, progetta e realizza prodotti per numerose aziende muovendosi dal processo naturale del disegno a mano libera alla progettazione computerizzata. Nel 2016 vince il Compasso d’Oro per aver disegnato Ossidiana, una caffettiera progettata per Alessi. Esplora da diversi anni l’idea che gli oggetti siano in grado di parlare all’anima dell’essere umano e di cambiare l’approccio al proprio modo di vivere. Una concezione antica che invita a riscoprire il legame con le creazioni del nostro tempo.

Crediti: Mario Trimarchi, Per sfiorare le nuvole © Santi Caleca | Mario Trimarchi, Per naufragare in questo mare © Santi Caleca | Mario Trimarchi, Per sfidare la tempesta © Santi Caleca.

Sul Guardare, di Paola Nicolin*

Sul Guardare – atto 2°. Berlinde de Bruyckere, Carol Rama, Giovanni Angelo Del Maino è il secondo episodio del programma espositivo dedicato alla rilettura del patrimonio artistico di Piacenza e del suo territorio. Il progetto, liberamente ispirato all’omonima serie televisiva ideata da John Berger nel 1971 per la BBC, prosegue il suo obiettivo di valorizzazione di opere meno note provenienti da depositi e collezioni in relazione a temi e questioni dell’attualità.

In questa peculiare occasione, l’esposizione si avvale della felice collaborazione con l’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza-Bobbio e il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale e, grazie i lavori di tre straordinari protagonisti, racconta una possibile storia dell’arte che attraversa più di quattrocento anni di storia.

Per il secondo atto della serie, XNL Piacenza presenta un inedito dialogo tra due artiste tra le più sofisticate e potenti del XX secolo, Berlinde de Bruyckere e Carol Rama, attorno a un’importante opera proveniente dal patrimonio delle collezioni della Diocesi, intitolata Dolente, di recente attribuita allo scultore rinascimentale Giovanni Angelo Del Maino.

Attivo a Piacenza dai primi decenni del XVI secolo, Giovanni Angelo Del Maino era esponente di primo piano nel campo della scultura lignea nel ducato di Milano. Artista assai noto e apprezzato, Del Maino, insieme al fratello Tiburzio, lasciò numerose testimonianze del suo fare in città che ne riconobbe il talento e il prestigio, dandogli nel 1529 la cittadinanza onoraria.

Dolente, primo quarto del XVI secolo, è testimonianza del sentire contemporaneo di questo grande artista. Si tratta di una scultura lignea proveniente dalla chiesa di Santa Eufemia in Piacenza, e segnalata dal direttore dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi Manuel Ferrari come opera di pregio eppure sconosciuta, adatta a essere riletta entro una nuova cornice.

Dolente è diventata immediatamente un caso studio per parlare del tempo, della bellezza, della trasformazione del gusto, della rappresentazione della resilienza al dolore e di qui del desiderio di autenticità attraverso la relazione soggettiva con la ricerca e le opere di artiste contemporanee.

*estratto dal testo introduttivo di Paola Nicolin, Direttrice di XNL Arte e curatrice della mostra, Sul Guardare – Atto 2° / Berlinde de Bruyckere, Giovanni Angelo Del Maino, Carol Rama realizzata in collaborazione con l’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza-Bobbio e il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, che si terrà fino al 30 giugno 2024 da XNL Piacenza.

Crediti: Installation views, Sul Guardare Atto 3° / Andrea Sala. Courtesy l’artista e XNL Piacenza. Ph. Daniele Signaroldi.

Installation views, Sul Guardare Atto 2° / Berlinde De Bruykere, Giovanni Angelo Del Maino, Carol Rama, 2024. Courtesy XNL Piacenza. Ph. Daniele Signaroldi.

VIDEO

300 oggetti per raccontare un talento

Dal 23 marzo al 22 settembre 2024 la Fondazione Museo del Tessuto di Prato presenta Walter Albini. Il talento, lo stilista, una grande retrospettiva, a cura di Daniela Degl’Innocenti ed Enrica Morini, dedicata a Walter Albini, pioniere assoluto del Made in Italy, stilista, padre nobile del prêt-à-porter. Una mostra straordinaria, a poco più di quarant’anni dalla sua scomparsa, che offrirà una rilettura per percorso creativo di un protagonista della moda italiana tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta. Nata da un lungo lavoro di ricerca svolto dalle curatrici, la mostra presenta oltre 300 oggetti, affiancando per la prima volta disegni, bozzetti, schizzi, fotografie, riviste di moda, documenti di archivio a moltissimi abiti, accessori e tessuti spesso inediti e mai esposti prima, che permetteranno di ricostruire l’intero percorso di Albini, dalle prime prove di illustratore e disegnatore alle ultime collezioni degli anni Ottanta.

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Crediti immagine: Walter Albini per Diamant’s, collezione P/E 1971. Foto: Archivio Alfa Castaldi.

Libri antichi e rari

Giovedì 14 marzo nella sede scenografica di Castello Mackenzie a Genova, Cambi Casa d’Aste presenta la raffinata asta dedicata a Libri antichi e rari, Stampe, Vedute e Mappe, di cui in questo video ci offre un assaggio.

Da un’edizione del Sogno di Polifilo dove 170 xilografie di una bottega veneziana dialogano con un testo misterioso, alle meravigliose riproduzioni a stampa realizzate tra il 1772 e il 1776 da Giovanni Volpato e Giovanni Ottaviani, delle grottesche che Raffaello Sanzio realizza nelle Logge Papali di papa Giulio II Della Rovere e Leone X Medici, al Teathrum Orbis Terrarum del 1571 primo atlante moderno, e ancora al primo tomo dell’Atlante Veneto realizzato dal frate cosmografo, geografo e poligrafo Vincenzo Coronelli nel 1690, questo appuntamento si rivela come una fonte inesauribile di storie e scoperte.

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Crediti immagine: ©Cambi Casa d’Aste

EXTRA

Firenze contemporanea

Fino al 9 giugno 2024 gli spazi del Museo Novecento di Firenze ospitano la mostra di André Butzer (Stoccarda, 1973) Liebe, Glaube und Hoffnung (Amore, fede e speranza) e, dal 22 marzo, al Museo Stefano Bardini … und der Tod ist auch ein Leben (…e anche la morte è una vita), entrambe a cura del Direttore dell’istituzione Sergio Risaliti. Un progetto espositivo che, nella sua duplice articolazione, consente di approfondire la parabola creativa dell’artista la cui pratica prende avvio da un’originale commistione tra l’espressionismo europeo e la cultura popolare americana.

Inoltre, da pochi giorni Firenze ospita sulla Terrazza di Saturno, uno degli ambienti più suggestivi di Palazzo Vecchio, la scultura di Henry Moore Guerriero con scudo, esposizione che arriva, grazie al sostegno finanziario del Ministero del Turismo Fondo siti UNESCO e città creative, a più di cinquant’anni dalla grande mostra dell’artista inglese al Forte di Belvedere, e che avvera il suo sogno di vederlo esposto per sempre nella città d’arte italiana.

Decisamente un buon momento per visitare Firenze, all’insegna dell’arte contemporanea!

Crediti immagine: André Butzer. Liebe, Glaube und Hoffnung, Installation View, 2024, Courtesy Museo Novecento, Firenze and the artist. Foto Ela Bialkowska OKNO studio

La poesia messa in scatola

Dal 13 marzo Museion apre negli spazi di Museion Passage e Piccolo Museion – Cubo Garutti la mostra Poetry in the box. Un omaggio alla storia del Mercato del Sale e a Ugo Carrega, a cura di Frida Carazzato e Duccio Dogheria, realizzata in collaborazione con il Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Museion e Mart condividono infatti la straordinaria raccolta dell’Archivio di Nuova Scrittura di cui Ugo Carrega era figura fondamentale, e la mostra ruota non solo intorno al concetto di scatola – a volte opera d’arte in sé, a volte contenitore dei lavori di Carrega – ma anche intorno alla storia del Mercato del Sale, artist-run space milanese di cui l’artista è stato curatore e direttore tra il 1974 e il 1989. Figura poliedrica di artista, gallerista, poeta, editore e curatore, attivo in Italia nell’ambito delle ricerche verbovisuali tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Novanta, Carrega organizza il proprio archivio in 62 scatole bianche, etichettate e categorizzate, oggi conservate nell’Archivio del Mart, e nello spazio espositivo del Mercato del Sale – da Marchand du Sel, pseudonimo di Marcel Duchamp – di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario, raccoglie una grande rete di artiste e artisti. Partendo da questi straordinari legami, la mostra crea connessioni tra l’archivio dell’artista e una selezione di opere verbovisuali dall’Archivio di Nuova Scrittura, parte della collezione dei due musei.

Contemporaneamente a Museion verrà inaugurata la mostra che rende omaggio all’artista gardenese Adolf Vallazza in occasione dei suoi 100 anni.

Crediti immagine: Elisabetta Gut, Libro nido, 1980. Assemblage, 29 x 19,5 x 16,5 cm. Teca in plexiglass. Collezione Museion Archivio di Nuova Scrittura, Donazione Paolo Della Grazia. Foto: Augustin Ochsenreiter.

Praticare l’altrove

Dal 15 marzo con la mostra Ersilia. Praticare l’altrove, a cura di Alice Labor e Ginevra Ludovici, il MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli presenta un progetto che è la materializzazione dell’omonimo podcast prodotto da MACTE Digital, il portale online del museo, ispirato alla città immaginaria raccontata da Calvino ne Le città invisibili. Attraverso gli interventi di Aterraterra, Pietro Ballero, Beatrice Celli, Anouk Chambaz, Allison Grimaldi Donahue, Eleonora Luccarini, Alice Pontiggia, Perla Sardella, Teresa Satta e Vacua Moenia, Ersilia ci mette di fronte alla valenza politica dell’immaginazione e alla sua capacità di trasformare la realtà, mescolando pratiche artistiche e partecipazione dei visitatori in un incontro tra realtà e finzione che ha l’obiettivo di costruire un racconto collettivo di immaginari condivisi. Nella sala centrale del museo, gli interventi artistici comporranno un luogo di condivisione in cui le installazioni insieme a tre eventi speciali attiveranno l’esposizione, coinvolgendo il pubblico nella creazione di uno spazio plurale e sensoriale. Primo appuntamento sabato 16 marzo con Altre Geografie–Foce del Sinarca, laboratorio ideato e condotto dall’artista e architetto Alice Pontiggia. Iscriviti!