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Licenziamenti: l’accordo fra governo, Confindustria e confederali si rivela un pateracchio

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Licenziamenti: l’accordo fra governo, Confindustria e confederali si rivela un pateracchio
Photo by Polina Tankilevitch on <a href="https://www.pexels.com/photo/man-people-woman-business-4440801/" rel="nofollow">Pexels.com</a>

L’accordo tra Governo, sindacati confederali e Confindustria ideato per mitigare l’impatto dello sblocco dei licenziamenti e firmato la sera del 29 giugno 2021 a palazzo Chigi, è come se non fosse mai stato siglato. Gkn Driveline, Henkel, Gianetti Ruote sono le prime ad aver dato il via alle danze dei licenziamenti, l’elenco delle aziende che si attaccano a queste si allunga ogni giorno di più.

Testo laconico e spersonalizzato, altro che il criterio del bonus pater familias (buon padre di famiglia) del diritto romano, solo il frutto delle Iene Ridens, dal cuore a salvadanaio, partorito nei e dai fondi di investimento: “Con la presente si informano tutti i dipendenti addetti allo stabilimento di Ceriano Laghetto che con effetto dalla data odierna lo stabilimento rimarrà chiuso. Con lettera di pari data della presente è stato dato avvio alla procedura di licenziamento collettivo”. L’email spiegava inoltre che i lavoratori sarebbero stati messi in ferie da subito e al ritorno in permesso retribuito, “con espresso esonero dal rendere la prestazione lavorativa”.

Quel giorno festivo a Roma, il 29 giugno, ha visto dopo una lunga trattativa di 5 ore partorire un “avviso comune”, che Confindustria già il giorno dopo ridimensiona a mera “raccomandazione” nel titolo de Il Sole 24 Ore. Si vede che i falchi nel dì di festa a Roma riposavano.

Tra gli addetti ai lavori serpeggia il timore che le modalità di licenziamento e le motivazioni potrebbero diventare un prototipo da seguire per tutte le aziende finite nelle mani di fondi di investimento internazionali che ora, venuti meno i vincoli di legge, non avranno difficoltà a decidere di dirottare altrove i loro capitali e fare semplice macelleria sociale, mandando in crisi la strategia del governo di provare a diluire una crisi considerata inevitabile.
Questa modalità di licenziamento mai abrogata è il frutto dell’ex capo del governo, fiorentino, che senza troppi scrupoli la inserì come possibilità prevista dal jobs act voluto nel 2016. Enrico Letta, che molto probabilmente capisce poco di lavoro, finalmente ha compreso che “se questo è l’andazzo, occorrerebbe rivedere la norma che pone fine al blocco selettivo dei licenziamenti” anche perché non si capisce “chi siano i datori di lavoro”, perché “se si tratta di fondi esteri diventa complicato tutelare i lavoratori”.

Le chiusure a sorpresa si si stanno succedendo in questi giorni tipo Gianetti Ruote e Gkn rendono ardua ogni previsione e mettono in crisi sia il cosiddetto “avviso comune” sindacati-governo-Confindustria sia la strategia dell’esecutivo di provare a governare con accordi caso per caso una crisi considerata inevitabile, scongiurando l’ipotesi che in piena estate arrivi una sequenza di chiusure e ristrutturazioni aziendali che potrebbero mettere l’esecutivo in seria difficoltà.

Secondo le stime dell’ufficio parlamentare di bilancio, alla fine dell’estate i licenziamenti potrebbero essere tra i 30mila e i 70mila, contro i 300-400mila previsti alla vigilia dello sblocco e il mezzo milione ipotizzato nell’ultimo rapporto della Banca d’Italia.

Tridico, il presidente dell’Inps sostiene, che “c’è una tendenza al miglioramento molto forte che non fa supporre una carenza di domanda di lavoro, che anzi tira”. La Commissione europea ha stimato una crescita del 5% per il 2021, “cifre da boom economico” secondo il commissario all’economia Paolo Gentiloni, che potrebbero forse aiutare a riassorbire in parte i posti che andranno in fumo.
I primi giorni dopo lo sblocco non ci inducono allo stesso ottimismo, confermato anche dal ministero dello sviluppo economico, dove sono tuttora aperti 99 tavoli di crisi, con 55.817 posti di lavoro in ballo.

L’intesa raggiunta il 20 giugno sulla gestione dello sblocco del divieto di licenziare, ammesso che intesa sia e non un pateracchio, avrebbe dovuto porre un freno ai licenziamenti ma stiamo assistendo allo sgozzamento libero dei lavoratori. Della maggioranza che sostiene Draghi, le forze “di sinistra” non hanno avuto il peso e il ruolo necessario. Ed è triste dirlo, la vacuità delle proposte da loro elaborate li allontanano sempre di più dalla classe lavoratrice che purtroppo si scorda il paradiso per sprofondare sempre di più nell’inferno.

Spero che il presidente del Consiglio, come Ciampi anni fa, abbia la consapevolezza della necessità di attutire la tensione sociale. Mi auguro che tutte le forze politiche “di sinistra o che in teoria si ritengono tali” colgano l’occasione per ritornare a occuparsi del mondo del lavoro e colgano il “momento magico” per catalizzare in una forza progressista i lavoratori, evitando di indebolirsi ulteriormente, visti l’implosione dei 5 Stelle e la partenza del Pnrr con la distribuzione di risorse comunitarie, indirizzino verso la tranquillità sociale.

Alfredo Magnifico
Segretario Generale Confintesa Smart