Dove stiamo andando

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Dove stiamo andando

«Che cosa significa Marco? Cosa significa questa fottuto messaggio?» domandò urlando un uomo sulla cinquantina, alto e dalla gran presenza. «Papà non è niente! Volevo solo fare uno scherzo ad un mio amico! Quello che sta scritto lì non è reale! Ridammi il telefono ti prego!» rispose tra le lacrime suo figlio, un ragazzino sui tredici anni, basso, magrolino, cercando, senza risultati, di riprendersi il cellulare. «Uno scherzo? Palesemente non è uno scherzo. Prima perdo mia moglie, poi scopro di avere un figlio frocio, ci rendiamo conto?» ribatté l’uomo puntando il dito al ragazzino. «Papà ti prego!» disse allora Marco allungando ancora la mano verso il telefonino mentre il padre lo respingeva col braccio con cui poco prima lo aveva puntato. Ugo: è così che si chiamava il padre. Era un uomo robusto, dalla carnagione regolare, con occhi neri e capelli ricci, di un colore tendente al castano scuro che si facevano spazio per tutta la testa, tranne che sulle tempie. Aveva un abbigliamento piuttosto trascurato: una T-shirt grigia con la scritta “strong” stampata in verde ed un paio di pantaloncini da mare a strisce bianche e celesti. Marco, il figlio, aveva la pelle chiara, gli occhi ed i capelli ereditati dal padre e dunque dalle stesse caratteristiche e colori, ma da un aspetto più giovanile infatti, rispetto ad esso, Marco aveva degli occhi più vivaci e dei capelli più folti, anche sulle tempie, ed era ricoperto di lentiggini su tutto il volto e sulle spalle. Aveva un abbigliamento tipicamente giovanile; una felpa nera, dei jeans strappati sulle ginocchia, delle scarpe da ginnastica, ed un orecchino con un ciondolo a forma di croce all’orecchio sinistro. Solitamente aveva un carattere tranquillo, era sempre stato un ragazzino riservato ed educato, andava bene a scuola e aveva pochi amici ma buoni, ma quella situazione lo turbava non poco, per questo stava ribattendo contro un genitore. «Io a questo tizio non te lo faccio vedere più! Chiudi tutte le tue amicizie! Non ho tempo di pensare ad un ragazzino stupido come te!» chiuse la discussione con aria imponente Ugo sbattendo la porta di camera di Marco, tenendosi il cellulare.

Deky

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