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Fine della prima guerra mondiale in un vagone ferroviario

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Fine della prima guerra mondiale in un vagone ferroviario

L’11 novembre 1918 alle ore 5:00 in un vagone ferroviario nei boschi vicino a Compiègne in Piccardia, viene firmato l’armistizio tra le forze alleate dell’Intesa Cordiale e l’Impero tedesco, ponendo così fine alla prima guerra mondiale.

Il fallimento delle offensive di primavera aveva reso evidente all’Alto Comando tedesco che la vittoria sugli Alleati non era possibile. Il crollo della Bulgaria e la situazione insostenibile sul fronte occidentale, divenuta ancora più grave con l’arrivo in massa del corpo di spedizione americano, costrinse i vertici militari tedeschi a cercare una soluzione non militare. Il 29 settembre 1918 l’Alto Comando si rivolse ai politici (che sino ad allora avevano avuto un ruolo marginale) intimando di dare il via a trattative volte ad un armistizio. Si trattò di un tentativo – dopo due anni di dittatura militare di fatto – di addossare ai civili la responsabilità della sconfitta.

I delegati alleati dopo la firma del trattato.

Si giunse a stabilire una data per un incontro solamente dopo trattative durate settimane e uno scambio di note diplomatiche con il Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson. Dopo un’attesa durata più di un mese, l’8 novembre una delegazione di funzionari civili tedeschi, guidati dal segretario di Stato Matthias Erzberger, ottenne il permesso di recarsi in Francia. Nel frattempo la situazione era precipitata: l’Austria-Ungheria il 4 novembre usciva dal conflitto dopo la firma dell’armistizio con l’Italia a seguito dello sfondamento del fronte da parte dell’esercito italiano nella pianura veneta, e la stessa Germania era in preda alla rivoluzione: il 9 novembre venne proclamata la Repubblica, e il giorno seguente il Kaiser riparò nei Paesi Bassi.

Furono i francesi a decidere che le trattative dovessero svolgersi in un vagone ferroviario, in un bosco nei pressi di Compiègne. I margini di trattativa erano comunque molto ristretti: ai tedeschi furono concesse 72 ore per decidere, e i colloqui avvennero solo con ufficiali di rango inferiore.

Titolo del New York Times dell’11 novembre 1918.

Le condizioni poste dagli Alleati erano estremamente dure e ponevano i tedeschi di fronte al fatto compiuto (comprensibilmente, visto la disperata situazione tedesca). Erzberger, ritenendo il documento troppo duro, volle consultarsi con Berlino, ma poté mettersi in contatto solo con il capo di stato maggiore dell’esercito, Paul von Hindenburg, che si trovava presso il suo quartier generale a Spa. L’indicazione di Hindenburg fu di sottoscrivere l’armistizio a qualsiasi condizione, vista la situazione in Germania.

In molte nazioni all’epoca alleate l’11 novembre è considerata festa nazionale (con varie denominazioni: Armistice Day, Remembrance Day, Poppy Day; negli USA coincide anche con il Veteran Day) e viene celebrato con due minuti di silenzio alle ore 11 dell’11 novembre (the eleventh hour of the eleventh day of the eleventh month).

Immagine d’apertura: Dipinto rappresentante la firma dell’armistizio del 1918 nel vagone-sala del Maresciallo Foch. Dietro il tavolo, da destra a sinistra, il generale Weygand, il marescialo Foch, gli ammiragli britannici Wemyss, G.Hope e J.Marriott. Davanti, da destra a sinistra, il ministro della Germania Matthias Erzberger, il maggior generale Detlof von Winterfeldt dell’armata imperiale (con il casco), il conte Alfred von Oberndorff, degli Affari esteri e il capitano di vascello Ernst Vanselow della Marina imperiale.

Bibliografia e fonti varie