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I quarantasette ronin

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I quarantasette ronin

Il 15 dicembre 1702 quarantasette ronin, samurai senza padrone, assaltano la dimora di Kira Yoshinaka, e lo uccidono per vendicare il loro signore, Asano Naganori il quale costretto a commettere seppuku per aver assalito il maestro di protocollo dello shōgun, Kira Yoshinaka, il quale lo aveva insultato. Il loro sfoggio degli ideali del bushidō, il codice dei samurai, diventa in Giappone una leggenda nazionale.

Asano Naganori (1667-1701) divenne signore del clan Asano dal 1675, quindi ancora bambino ed ovviamente sotto tutela, fino alla sua morte. Il titolo di Takumi no Kami si riferisce all’incarico nominale di intendente alla carpenteria presso la corte shogunale di Edo che gli venne conferito nel 1680.

Tutti i daimyō (signori feudali) erano tenuti a soggiornare per gran parte dell’anno alla corte dello shōgun, capo del governo, disperdendo mezzi economici ed energie nei continui viaggi e nella sontuosa etichetta di corte, dove parte dei familiari era tenuta praticamente in ostaggio. Dovevano così forzatamente astenersi da ogni pensiero di ribellione.

In questo contesto maturò l’episodio dell’assalto, che ci è stato tramandato da Kichiemon Terasaka. Oishi Kuranosuke Yoshio (1659-1703), o Yoshitaka, era il primo sovrintendente del feudo di Ako, che amministrava direttamente in occasione delle frequenti assenze di Asano. Kira Kozukenosuke Yoshinaka (1641-1702) aveva l’incarico di cerimoniere presso la corte di Edo.

Kira Yoshinaka ricevette disposizione di curare l’addestramento di Asano, appena arrivato dalla provincia di Harima e di un altro nobile nelle sue stesse condizioni, il signore Kamei di Tsuwano. In attesa di una visita da Kyoto di un inviato ufficiale dell’imperatore in visita allo shogun, i due nobili dovevano essere istruiti su alcuni cerimoniali legati all’avvenimento.

Immediatamente Kira cominciò ad infierire su Asano, mostrando invece ogni premura verso Kamei. Al termine di una lunga serie di provocazioni, a cui Asano aveva resistito, Kira gli ordinò di allacciargli una scarpa che si era slacciata; anche a questo Asano seppe resistere, ma, quando Kira si dichiarò insoddisfatto del modo in cui era stata allacciata la scarpa, trattandolo da bifolco, perse definitivamente la calma, estrasse il wakizashi, che tutti i samurai portavano alla cintura, e si lanciò contro Kira con l’intenzione di ucciderlo.

Per vendicare il loro signore i ronin dovettero aspettare due anni, una lunga attesa che venne giustificata con la necessità di dissipare ogni sospetto ed allentare la vigilanza di Kira e dei suoi protettori, che li avevano immediatamente messo sotto stretta sorveglianza. Il gruppo dei samurai ai suoi ordini si disperse: vi fu chi si diede alla vita randagia del ronin e chi abbandonò le armi per dedicarsi a piccole attività di commercio o artigianato per guadagnarsi da vivere.

Statua di Oishi Kuranosuke, il ronin che uccise Kira e vendicò il proprio signore, a Tokyo, al tempio Sengaku-ji

Per diverse circostanze i ronin si radunarono ad Edo, rimanendovi nascosti finché non fosse arrivato il momento della chiamata. Ognuno aveva conservato le armi personali, ma procurandosi nel frattempo altro materiale, evitando quando possibile di acquistarlo per non attirare l’attenzione. Uno dei ronin, Oishi, aveva stabilito che il gruppo, dopo essersi radunato in un punto prestabilito, si sarebbe recato compatto verso la residenza di Kira, ancora sorvegliata e presidiata da uomini armati, per quanto il livello di guardia fosse ormai notevolmente calato. L’intenzione era quella di apparire come un gruppo di pompieri di ronda (i pompieri erano armati e rivestiti per proteggersi dal fuoco con armature ed elmi di cuoio); le divise dovevano apparire abbastanza credibili alla luce delle lanterne ed erano muniti di scale, uncini, e quanto altro poteva servire per forzare le abitazioni.

I ronin avevano una pianta accurata della residenza, uno di loro era arrivato al punto di sposare la figlia dell’architetto che l’aveva progettata pur di avere accesso alle informazioni. Erano divisi in due gruppi, il gruppo più numeroso si schierò davanti alla porta principale, il secondo, comandato da Yoshikane Oishi, davanti a quella posteriore. ll segnale di attacco venne dato da Oishi; il primo gruppo aveva l’incarico di sfondare la porta, contemporaneamente altri penetravano oltre il muro utilizzando le scale, il grosso del gruppo attendeva la forzatura delle porte per penetrare in massa nell’edificio.

Mentre la battaglia ebbe inizio, alcuni messaggeri partirono verso le dimore vicine per avvertire di quanto stava succedendo. Uno dei samurai annunciava ad alta voce l’azione a chiunque fosse in ascolto, precisando che si trattava di un katauchi, la vendetta da parte di un gruppo di samurai intenzionato a vendicare il proprio onore oltraggiato; inoltre ognuno dei ronin portava indosso uno scritto in cui venivano ricapitolate le loro ragioni e dei cartelli vennero affissi per le strade. Nessuno dei vicini intervenne o avvertì le autorità. I ronin ebbero vita facile, vincendo ogni resistenza, uccidendo 16 delle guardie del corpo di Kira e ferendone 22, senza subire perdite. I superstiti, gli inservienti e le donne di servizio vennero rinchiusi e tenuti sotto controllo. Ben presto i due gruppi si ricongiunsero all’interno della casa, di cui avevano ormai il pieno controllo. Tuttavia, non essendoci alcuna traccia di Kira, si misero subito alla sua lunga ricerca.

Kira venne infine trovato nascosto in una legnaia, assieme ad alcune donne e a due uomini armati che tentarono invano di reagire. L’uomo più anziano che avevano invano cercato di proteggere venne facilmente disarmato del wakizashi, ma nessuno era certo della sua identità. L’uomo rifiutava di farsi riconoscere, ma venne comunque segnalato per il ritrovamento di Kira. Oishi, illuminandogli il volto, capi che si trattava proprio di Kira, quindi, rivolgendosi a lui, gli rese note la sua identità e le motivazioni dell’assalto, ossia la vendetta per la morte di Asano e la susseguente rovina della casata; in seguito propose a Kira di darsi onorevolmente la morte, utilizzando la stessa lama con cui aveva compiuto seppuku Asano, ma Kira non rispose, e a quel punto Oishi lo uccise immediatamente, decapitandolo.

Tombe dei 47 ronin al tempio di Sengaku-ji a Tokyo

Oishi recò la testa di Kira sulla tomba di Asano, nel quartiere di Sengakuji presso l’omonimo tempio. Lungo il viaggio vennero loro tributate manifestazioni di stima. Terminata la cerimonia, la testa venne consegnata ai sacerdoti, che in seguito la resero ai familiari di Asano. In seguito i ronin si consegnarono alle autorità, attendendo di essere giudicati. La sentenza si fece attendere perché i ronin avevano numerosi sostenitori che non volevano la loro morte, ma alla fine lo shōgun concesse loro il seppuku, e venne anche concessa la grazia ad uno di loro, Kichiemon Terasaka, così che la memoria di quanto successo non andasse persa.

La vicenda dei 47 ronin è molto famosa ed è stata rappresentata in molti film, di cui il più recente è “47 ronin” del 201 con l’attore Keanu Reeves. In Giappone ogni 14 dicembre si tiene il Gishi-sai no cha, una cerimonia del tè per onorare la memoria dei 47 ronin di Akō. Famosi sono musei come l’Edo-Tokyo Museum che contengono al loro interno cimeli appartenuti ai 47 ronin. Vi sono anche numerose rappresentazioni teatrali raffigurante la storia dei quarantasette.

Immagine d’apertura: assalto del cancello del palazzo di Kira da parte dei 47 ronin, in una stampa del pittore e incisore giapponese Katsushika Hokusai (1760 – 1849)

Bibliografia e fonti varie

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