Home Notizie Attualità Polizia brutale, proteste e nuovo fascismo di sinistra. Da New York City

Polizia brutale, proteste e nuovo fascismo di sinistra. Da New York City

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Polizia brutale, proteste e nuovo fascismo di sinistra. Da New York City


NEW YORK CITY — L’addetto alla nettezza urbana lava il selciato su cui fino a poche ore fa centinaia di giovani si erano accampati da settimane, in protesta contro la violenza della polizia. Tra loro c’erano anche persone senza tetto, scappati di casa, ribelli.
La vista è desolante. Fino a ieri c’erano tende, gazebi e teloni arrangiati per dare riparo. C’era una fila di tavoli dove si servivano pasti diverse volte al giorno. C’erano arte e performance musicali. C’era per sino una biblioteca improvvisata, contenente più che altro scritti filo-anarchici e letteratura “di sinistra”. E poi, c’erano scritte e graffiti di vernice e gesso sulle superfici, su cui trovava sfogo qualsiasi tipo di blasfemia sociale. “ACAB” diceva una delle scritte — All Cops Are Bastards.

Ma oggi non c’è più nulla. La piazza è sgombera, e fra poche ore sarà completamente pulita, vuota, come se niente fosse mai accaduto. Questa città e questo paese hanno stomaci molto grandi, in grado di digerire tutto.
Dal giorno della morte di George Floyd, lo scorso 25 di Maggio, a mano della polizia di Minneapolis, il tumulto è stato atroce. L’America è stata scossa, scioccata, tradita da ogni lato.
Le strade di New York sono state il teatro di violenza incessante. Da una parte i cortei, il fuoco, i saccheggi. Dall’altra i celerini che non vedevano l’ora di picchiare. E l’hanno fatto, l’hanno fatto fino ad esserne soddisfatti.
Tutto è iniziato con la brutalità della polizia, ed è finito con la brutalità della polizia.

Floyd a terra, lungo, con tre poliziotti che lo tengono fermo con la faccia sull’asfalto per quasi nove minuti. L’immagine di uno di loro, con il ginocchio sul collo dell’uomo nero e le mani in tasca, ricorda le foto dei linciaggi razziali del Novecento.La psiche della nazione è stata turbata. Non c’è dubbio: Floyd fu linciato. La sua fine violenta e quella dei tanti neri ammazzati prima di lui sono al cuore della storia dell’America.

Scioccate e schifate, le masse sono insorte. Il tumulto è esploso in tutto il paese, con manifestazioni e sommosse. Black Lives Matter è diventato il movimento più esteso della storia americana.

In tutto ciò, c’è un qualcosa di assolutamente nuovo che ha a che fare con la lotta. La lotta, infatti, avviene ora in due dimensioni distinte. Una è nel mondo del reale, nelle strade. Le proteste e le cariche della polizia accadono in questo spazio fisico, riempiendole di lacrimogeni e di sangue. Orride immagini di celerini che picchiano manifestanti e puntano pistole a giornalisti fanno presagire che questa democrazia sia ormai vicina alla sua estinzione.
L’altra lotta, invece, si consuma nel mondo irreale e metafisico, dove regnano i social. Ed è quest’ultima a causare i danni peggiori alla democrazia di questo paese.

La libertà di parola e di protesta viene troncata sia dalla polizia — quasi onnipotente e sempre brutale — di questa città liberale, sia dagli esponenti politici ed attivisti di sinistra che hanno preso parte in censura ed ostracismo.
Si tratta di un nuovo tipo di fascismo, tecnologico e senza volto, che parte dai social ed arriva nelle strade, l’esatto opposto di ciò che succedeva in passato.
Questa è una novità.

In piazza, i manifestanti attaccano giornalisti e censurano a loro volta, tappando la bocca a tanti dei loro fratelli e sorelle proprio nel momento più cruciale: quello dove si decide dove portare il movimento.
Domandare riforme o abolire la polizia? Riparare la nazione o costruirne una nuova? Usare le istituzioni o dare loro fuoco?
Ma ormai è tardi per le decisioni. La folla è indecisa sul da farsi. E “Black Lives Matter” non è che una preghiera puritana.La destra, che storicamente ha difeso il suo puritanesimo bigotto, xenofobo, se la ride.
E i ragazzetti del movimento? Ora tacciono tutti, repressi, nelle loro case affollate e accaldate di quartiere. Fuori, con la pandemia, la città è ancora spettrale. Disoccupazione, violenza. Un numero di omicidi che non si vedeva dagli anni ’90. Sparatorie aumentate del 300 per cento. I proiettili non risparmiano nessuno, neanche i bambini e le donne incinte. A passarsela peggio, ovviamente, sono i quartieri poveri, dove vivono per lo più persone di colore. Ma Black Lives Matter ignora tutto ciò, perché non rientra nella narrativa della lotta alla supremazia bianca. Quella, per intenderci, che ha più seguito su Twitter, Facebook e Instagram.

Mi fisso ancora sul netturbino, chino sulla lavatrice ad alta pressione, la canna puntata verso il pavimento. Il getto d’acqua rimuove il sudiciume, un sordido liquame marrone che scorre sul selciato e si butta nei tombini. L’uomo ha il collo rosso per il sole. La sua prestanza è quasi paterna. Gli occhiali da sole lo riparano dallo spazio torrido intorno a lui. Chissà che pensieri gli passano per la testa. Forse, pensa alle persone che erano lì ad insudiciare quella piazza il giorno prima. Forse pensa alla famiglia, bimbi, moglie, la casa nelle Rockaways. Forse al presidente autoritario che lo fa sentire ancora importante.
È proprio il netturbino, un semplice addetto municipale senza titoli di studio, senza ambizioni politiche, a riportare la civiltà nella piazza. La ripulisce in nome della pace. È una pace apparente, tuttavia.
Alla fine, il potere è riuscito ancora una volta ad avere la meglio. La protesta, repressa nel mondo fisico, si è spostata quasi totalmente nel mondo metafisico, idealista, dove regnano il conformismo e l’ignoranza, dove ogni complessità è ridotta al banale, alla visione binaria della realtà.
“Sei con noi o sei razzista?” diceva lo striscione in un corteo a Brooklyn. Il mainstream americano ha scelto d’identificarsi con questa frase.Gli eventi degli ultimi mesi — il ciclo completo di oppressione, rivolta e conformismo — hanno installato un nuovo impero, e New York è ancora una volta la capitale.

Tutto è accaduto come in un sogno. Ci si è svegliati con il netturbino a ripulire l’altare di un rituale roboante, emozionante, in questa perfetta liturgia fascista.
Non ci sono vincitori se non la polizia e lo stato. Manifestanti ignari ed ignoranti hanno aiutato il potere, ferendosi con le loro stesse mani, tradendo la libertà per cui dicevano di battersi, e ottenuto poco in cambio.
E il netturbino, forse, capisce questa realtà meglio di loro, perché egli vive nel mondo reale, dove tutto ciò che è successo, è successo per davvero. Dell’altro mondo, quello immateriale, eucaristico, non è rimasto più niente; solo il ricordo di una piazza affollata. Ed è forse proprio a ciò che egli pensa mentre la lava.