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Referendum italiano su monarchia e repubblica

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Referendum italiano su monarchia e repubblica

Il 2 giugno 1946 in Italia inizia il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica.

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Prima pagina del Corriere della Sera del 6 giugno 1946

Quel giorno, insieme con la scelta sulla forma dello Stato, i cittadini italiani elessero anche i componenti dell’Assemblea Costituente che doveva redigere la nuova carta costituzionale. I risultati del referendum, annunciati il 10 giugno dalla Corte di Cassazione, videro la vittoria della repubblica con il 54,3%, mentre la monarchia ottenne il 45,7%. In numeri assoluti, i voti per la repubblica furono 12.717.923, quelli per la monarchia 10.719.284.

La notte fra il 12 e 13 giugno, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, prendendo atto del risultato, assunse le funzioni di capo provvisorio dello Stato. L’ex re Umberto II lasciò il paese il 13 giugno 1946, diretto a Cascais, nel sud del Portogallo, senza nemmeno attendere la definizione dei risultati e la pronuncia sui ricorsi, che saranno respinti dalla Corte di Cassazione il 18 giugno 1946; lo stesso giorno la Corte integrò i dati delle sezioni mancanti, dando ai risultati il crisma della definitività.

Grazie a un decreto del 31 gennaio del 1945, con l’Italia ancora divisa e il Nord sottoposto all’occupazione tedesca, varato dal Consiglio dei ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi, in cui si riconosceva il diritto di voto alle donne, le elezioni del 2 giugno furono anche le prime elezioni italiane in cui anche le donne poterono votare. Risultarono tra i votanti circa 13 milioni di donne e circa 12 milioni di uomini, pari complessivamente all’89,08% degli allora 28 005 449 aventi diritto al voto

Risultati del referendum istituzionale italiano su monarchia e repubblica del 1946 per circoscrizione. Le circoscrizioni in blu hanno votato a maggioranza per la repubblica, mentre quelle in rosso hanno votato a maggioranza per la monarchia. Le tonalità più scure indicano un supporto più forte.

L’11 giugno, dichiarato festivo come primo giorno della repubblica, si svolsero in molte città manifestazioni a favore della repubblica.

Dai dati del voto l’Italia risultò divisa in un sud monarchico e un nord repubblicano. Le cause di questa netta dicotomia possono essere ricercate anche nella differente storia delle due parti dell’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Per le regioni del sud la guerra finì appunto nel 1943 con l’occupazione alleata e la progressiva ripresa del cosiddetto “Regno del Sud”. Per contro, il nord dovette vivere quasi due anni di occupazione nazista e di lotta partigiana (contro appunto i tedeschi e i fascisti della RSI) e fu l’insanguinato teatro della guerra civile (che ebbe echi protrattisi anche molto dopo la cessazione formale delle ostilità). Le forze più impegnate nella guerra partigiana facevano capo a partiti apertamente repubblicani (Partito comunista, Partito socialista, Movimento di Giustizia e Libertà). Una delle cause che contribuì alla sconfitta della monarchia fu, probabilmente, una valutazione negativa della figura di Vittorio Emanuele III, giudicato da una parte corresponsabile degli orrori del fascismo; dall’altro la sua decisione di abbandonare Roma, e con essa l’esercito italiano che venne lasciato privo di ordini, per rifugiarsi nel sud subito dopo la proclamazione dell’armistizio di Cassibile, fu vista come una vera e propria fuga e non migliorò certo la fiducia degli italiani verso la monarchia.

13 giugno 1946, il re Umberto II mentre sale sull’aeroplano che lo condurrà da Ciampino in Portogallo.

Dopo che il consiglio dei ministri, nella notte fra il 12 e il 13 giugno, aveva trasferito le funzioni di Capo dello Stato ad Alcide De Gasperi senza attendere il pronunciamento definitivo della Corte di Cassazione, Umberto II di Savoia diramò un proclama nel quale denunciò la presunta illegalità commessa dal governo, e il giorno stesso partì polemicamente in aeroplano da Ciampino alla volta del Portogallo, con decisione unilaterale. Alla fine tuttavia, benché da più parti gli fossero pervenuti inviti a resistere, Umberto preferì comunque prendere atto della sconfitta, valutando che l’alternativa potesse essere l’innesco di una guerra civile fra monarchici e repubblicani, soprattutto a seguito dei fatti di Napoli ed essendo stato informato dal generale Maurice Stanley Lush che gli alleati non sarebbero intervenuti a difesa della sua incolumità neanche in caso di palese spregio delle leggi. L’ex re inizialmente ventilò che il suo allontanamento potesse essere anche soltanto temporaneo, pro bono pacis (per il bene della pace). L’ormai ex re Umberto, nel proclama diffuso prima di partire, affidò la patria agli italiani (e non ai loro rappresentanti eletti democraticamente) e sciolse i militari e i funzionari dello Stato dal precedente giuramento di fedeltà al re. Anche dopo l’ufficializzazione definitiva dei risultati, effettuata dalla Corte di Cassazione il 18 giugno 1946, l’ex re non riconobbe la validità del referendum e ne rifiutò l’esito, nonostante le assicurazioni rese prima della consultazione e nei giorni successivi. Non abdicò mai, ma tale evenienza non era prevista nel decreto legislativo luogotenenziale n. 98 del 16 marzo 1946 in caso di vittoria repubblicana.

Immagine d’apertura: scheda del referendum istituzionale

Bibliografia e fonti varie

  • Roberto Battaglia, Storia della resistenza Italiana, Torino, Einaudi, 1964.
  • Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, Torino, Einaudi, 1967-1975, cinque volumi.
  • Franco Catalano, L’Italia dalla dittatura alla democrazia 1919-1948, Milano, Feltrinelli, 1970.
  • Denis Mack Smith, Storia d’Italia 1861-1961, Roma-Bari, Laterza, 1972.
  • Indro Montanelli e Mario Cervi, L’Italia della guerra civile (8 settembre 1943-9 maggio 1946), Milano, Rizzoli, 1983.
  • Indro Montanelli e Mario Cervi, L’Italia della Repubblica (2 giugno 1946-18 aprile 1948), Milano, Rizzoli, 1985.
  • Federico Fornaro, Giuseppe Romita. L’autonomia socialista e la battaglia per la Repubblica, Milano, Franco Angeli, 1996.
  • Franco Malnati, La grande frode. Come l’Italia fu fatta Repubblica, Bari, Bastogi Collana De Monarchica, 1998.
  • Mario Fiorillo, La nascita della Repubblica italiana e i problemi giuridici della continuità, Giuffrè, Milano, 2000.
  • Marco Demarco, L’altra metà della storia: spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino, Guida Editori, 2007.