La guerriglia in montagna – verso il settantunesimo anniversario della Liberazione di Prato

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La guerriglia in montagna – verso il settantunesimo anniversario della Liberazione di Prato

Non era certo facile dar vita a un’azione continua e coordinata di guerriglia, per la formazione Buricchi, dotata di un armamento insufficiente, costituita da squadre di diversa provenienza che non avevano avuto il tempo di affiatarsi completamente. Inoltre c’era il problema delle ritorsioni dei tedeschi, che controllavano assiduamente la strada che passava per la Collina di Prato, come unica via di fuga. È interessante un passo di una relazione di Loris Cantini:
“Come prevedibile i tedeschi si sono interessati subito a noi rendendoci quanto mai difficile il compito di approvvigionamento. A peggiorare le cose intervenivano le popolazioni dei paesi vicini che a mezzo delegazioni ci supplicavano di non fare azioni che le avrebbero esposte a rappresaglie. Abbiamo disposto di agire a distanza, con piccoli nuclei e l’entità delle azioni è stata discreta”.
Tuttavia, alcune azioni importanti furono portate a termine, costringendo i tedeschi a guardarsi continuamente le spalle, senza poter godere di tranquillità. A metà luglio fu saccheggiato il magazzino della Todt, a Castello, sulla Linea Gotica. Proprio mentre i partigiani tornavano carichi di tutto un po’, furono avvertiti che ad Albiano i tedeschi requisivano le bestie e, dopo aver posato il bottino in casa di Menghino, intervennero prontamente, ferendo un soldato tedesco, catturandone un altro e recuperando sei cavalli. Per rappresaglia i tedeschi presero alcuni ostaggi, tra cui il parroco don Marino Marini, che venne rilasciato qualche giorno dopo, sembra per intervento del Vescovo. Allo scontro di Albiano partecipò, secondo la testimonianza da lui stesso lasciata, Primo Tortelli, anch’egli uno dei primi della formazione Storai. Pur vivendo a Valibona, sostiene Tortelli, faceva parte della squadra di Giulio Stefanacci, assieme a Fosco Nuti, Luciano Mari, Natale Ciampi, Danubio Aiazzi e Fiorenzo Fiondi. La squadra che con certezza partecipò allo scontro fu quella di Armando Bardazzi.
Il 23 luglio, in località Banditelle, una squadra della Buricchi attaccava un pattuglione tedesco, composto di sedici soldati, i quali fuggivano ai primi spari, lasciando nelle mani dei partigiani quattro cavalli, prosciutti, formaggi e altre cose che avevano razziato nelle abitazioni. Ma i responsabili della formazione partigiana si resero conto che la presenza di numerosi tedeschi in una località dalla quale era facile accedere al loro campo principale metteva lo stesso a rischio di attacco: decisero dunque di distaccare alcune squadre con il compito di stare nascoste e di non scoprirsi,
Il 28 luglio un gruppo di giovani disertori dell’esercito della RSI liberarono, a Castello, una cinquantina di ausiliari russi che lavoravano per la Linea Gotica, circa la metà dei quali scelse di aggregarsi alla formazione e risultarono molto utili, data la loro esperienza, per il proseguimento delle azioni di guerriglia.
Giuseppe Gregori

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